Organizzazione dell'orario di lavoro - dir. 93/104/CE e 2000/34/CE

D.L. 8/8/2003 n.66

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    DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2003, n. 66 (GU n. 087 Suppl.Ord. del 14/04/2003)

    Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.

    048 COMUNITA' EUROPEA - 065 DIRETTIVE - IN GENERE
    103 LAVORO - 001 IN GENERE - ANAGRAFE DEL LAVORO
    103 LAVORO - 317 ORARIO DI LAVORO
    Materia: COMUNITÀ EUROPEE, ATTUAZIONE DIRETTIVA CEE, LAVORO, LAVORATORI
    PD: S2302293
    URN: urn:nir:stato:decreto.legislativo:2003-04-08;66

    Preambolo

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
    Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
    Vista la legge 1 marzo 2002, n. 39, ed in particolare gli articoli 1, commi 1 e 3, e 22;
    Vista la direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, in materia di orario di lavoro, come modificata dalla direttiva 2000/34/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000;
    Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 gennaio 2003;
    Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
    Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 aprile 2003;
    Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e per le pari opportunità;
    E m a n a
    il seguente decreto legislativo:

    CAPO I Disposizioni generali

    Art. 1 Finalità e definizioni

    1 . Le disposizioni contenute nel presente decreto, nel dare attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, così come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell'oraro di lavoro.

    2 . Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:

    a) "orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni;

    b) "periodo di riposo" qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;

    c) "lavoro straordinario": è il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro così come definito all'articolo 3;

    d) "periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;

    e) "lavoratore notturno":

    1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;

    2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale;

    f) "lavoro a turni": qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane;

    g) "lavoratore a turni": qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni;

    h) "lavoratore mobile": qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario;

    i) "lavoro offshore": l'attività svolta prevalentemente su una installazione offshore (compresi gli impianti di perfezionare) o a partire da essa, direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le attività di immersione collegate a tali attività, effettuate sia a partire da una installazione offshore che da una nave;

    l) "riposo adeguato": il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine;

    m) "contratti collettivi di lavoro": contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

    Art. 2 Campo di applicazione

    1 . Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.

    2 . Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica, di difesa e protezione civile, nonché degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, così come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

    3 . Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

    4 . La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni.

    CAPO II Principi in materia Di organizzazione dell'orario di lavoro

    Art. 3 Orario normale di lavoro

    1 . L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.

    2 . I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.

    Art. 4 Durata massima dell'orario di lavoro

    1 . I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell'orario di lavoro.

    2 . La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

    3 . Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.

    4 . I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

    5 . In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, alla scadenza del periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione.

    Art. 5 Lavoro straordinario

    1 . Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.

    2 . Fermi restando i limiti di cui all'articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentato le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.

    3 . In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.

    4 . Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:

    a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;

    b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;

    c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

    5 . Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

    Art. 6 Criteri di computo

    1 . I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di cui all'articolo 4.

    2 . Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell'articolo 5, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all'articolo 4.

    CAPO III Pause, riposi e ferie

    Art. 7 Riposo giornaliero

    1 . Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.

    Art. 8 Pause

    1 . Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.

    2 . Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.

    3 . Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni.

    Art. 9 Riposi settimanali

    1 . Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7.

    2 . Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:

    a) le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;

    b) le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;

    c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;

    d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4.

    3 . Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:

    a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;

    b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;

    c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie di prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;

    d) i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;

    e) attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;

    f) attività di cui all'articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;

    g) attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui all'articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.

    4 . Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.

    5 . Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 1935, nonché quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede all'aggiornamento e alla integrazione delle predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c) l'integrazione avrà senz'altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.

    Art. 10 Ferie annuali

    1 . Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore.

    2 . Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.

    3 . Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.

    CAPO IV Lavoro notturno

    Art. 11 Limitazioni al lavoro notturno

    1 . L'inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche.

    2 . I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. È in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:

    a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;

    b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;

    c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

    Art. 12 Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione

    1 . L'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell'Associazione cui l'azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione va effettuata e conclusa entro un periodo di sette giorni.

    2 . Il datore di lavoro, anche per il tramite dell'Associazione cui aderisca o conferisca mandato, informa per iscritto i servizi ispettivi della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale, della esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo.
    Tale informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui al comma 1.

    Art. 13 Durata del lavoro notturno

    1 . L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.

    2 . È affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.

    3 . Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore.

    4 . Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.

    5 . Con riferimento al settore della pianificazione non industriale la media di cui al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.

    Art. 14 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno

    1 . La valutazione dello stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno deve avvenire attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio cui il lavoratore è esposto, secondo le disposizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi.

    2 . Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno.

    3 . Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito dall'articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.

    4 . I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.

    Art. 15 Trasferimento al lavoro diurno

    1 . Qualora sopraggiungono condizioni di salute che comportino l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.

    2 . La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l'assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile.

    CAPO V Disposizioni finali e deroghe

    Art. 16 Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell'orario

    1 . Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di cui all'articolo 3:

    a) le fattispecie previste dall'articolo 4 del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modifiche;

    b) Le fattispecie di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli articoli 8 e 10 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955;

    c) Le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;

    d) le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;

    e) i commessi viaggiatori o piazzisti;

    f) il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;

    g) gli operai agricoli a tempo determinato;

    h) i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;

    i) il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;

    l) il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;

    m) i lavori di cui all'articolo 1 della legge 20 aprile 1978, n. 154, e all'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559;

    n) le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
    1 personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
    2 personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;
    3 personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
    4 personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;

    o) personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;

    p) personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.

    2 . Le attività e le prestazioni indicate alle lettere da a) ad n) del comma 1 verranno aggiornate ed armonizzate con i principi contenuti nel presente decreto legislativo mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, mediante decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro.

    Art. 17 Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale.

    1 . Le disposizioni di cui agli articoli 7 , 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione.

    2 . In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:

    a) alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;

    b) alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalle necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

    c) alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

    1) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;

    2) del personale portuale o aeroportuale;

    3) di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, potali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;

    4) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e dell'elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;

    5) di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;

    6) di attività di ricerca e sviluppo;

    7) dell'agricoltura;

    8) di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in ambito urbano ai sensi dell'articolo 10, comma 1, numero 14), 2 periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

    d) in casodi sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare :

    1) nell'agricoltura;

    2) nel turismo;

    3) nei servizi postali;

    e) per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:

    1) per le attività discontinue;

    2) per il servizio prestato a bordo dei treni;

    3) per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarità del traffico ferroviario;

    f) a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;

    g) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.

    3 . Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui all'articolo 7:

    a) per l'attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;

    b) per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.

    4 . Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

    5 . Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

    a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

    b) di manodopera familiare;

    c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;

    d) di prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.

    6 . Nel rispetto dei principi generali della protezione del
    la sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13, non si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al regio decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.

    Articolo 18 Lavoratori a bordo di navi da pesca marittima

    1 . Gli articoli 4, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 15 non si applicano ai lavoratori a bordo di navi da pesca marittima.

    2 . Fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi nazionali di categoria, la durata dell'orario di lavoro a bordo delle navi da pesca è stabilita in 48 ore di lavoro settimanale medie, calcolate su un periodo di riferimento di un anno, mentre i limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi da pesca sono così stabiliti:

    a) Il numero massimo delle ore di lavoro a bordo non deve superare:

    1) 14 ore in un periodo di 24 ore;

    2) 72 ore per un periodo di sette giorni; ovvero:

    b) Il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore a:

    1) 10 ore in un periodo di 24 ore;

    2) 77 ore per un periodo di sette giorni.

    3 . Le ore di riposo non possono essere suddivise in più di due periodi distinti, di cui uno è almeno di sei ore consecutive e l'intervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore.

    Art. 19 Disposizioni transitorie e abrogazioni

    1 . Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, unitamente al Ministro per la funzione pubblica, per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative al fine di verificare lo stato di attuazione del presente decreto nella contrattazione collettiva.

    2 . Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo, salve le disposizioni espressamente richiamate e le disposizioni aventi carattere sanzionatorio.

    3 . Per il personale dipendente da aziende autoferrotranviarie, addetto ad attività caratterizzata dalla necessità di assicurare la continuità del servizio, fermo restando quanto previsto dagli articoli 9, comma 5, 16 e 17, restano in vigore le relative disposizioni contenute nel regio decreto-legge 19 ottobre 1923 n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e nella legge 14 febbraio 1958, n. 138, in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto legislativo. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

    Dato a Roma, addì 8 aprile 2003
    CIAMPI
    Berlusconi, Presidente del Consiglio
    dei Ministri
    Buttiglione, Ministro per le politiche
    comunitarie
    Maroni, Ministro del lavoro e delle
    politiche sociali
    Mazzella, Ministro per la funzione
    pubblica
    Frattini, Ministro degli affari esteri
    Castelli, Ministro della giustizia
    Tremonti, Ministro dell'economia e
    delle finanze
    Prestigiacomo, Ministro per le pari
    opportunità
    Visto, il Guardasigilli: Castelli


    http://www.italgiure.giustizia.it/nir/2003/lexs_214238.html
     
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    testo in vigore dal: 24-11-2010

    LEGGE 4 novembre 2010, n. 183

    Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonche' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
    (10G0209) (GU n. 262 del 9-11-2010 - Suppl. Ordinario n.243)



    Art. 7. (Modifiche alla disciplina sull'orario di lavoro)


    1. All'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, come da ultimo modificato dall'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 4, comma 2, e dall'articolo 9, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui all'articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e' da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno cinque periodi di riferimento di cui all'articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e' da 1.000 a 5.000 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 10, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa e' da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa e' da 800 a 4.500 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta»; b) il comma 4 e' sostituito dal seguente: «4. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 7, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 150 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e' da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e' da 900 a 1.500 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta». 2. All'articolo 11 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, il comma 7 e' sostituito dal seguente: «7. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative. In assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali, le deroghe possono essere stabilite nei contratti territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Il ricorso alle deroghe deve consentire la fruizione di periodi di riposo piu' frequenti o piu' lunghi o la concessione di riposi compensativi per i lavoratori marittimi che operano a bordo di navi impiegate in viaggi di breve durata o adibite a servizi portuali».





    Note all'art. 7:
    - Il testo dell'art. 18-bis del decreto legislativo 8
    aprile 2003, n. 66 (Attuazione della direttiva 93/104/CE e
    della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti
    dell'organizzazione dell'orario di lavoro), come da ultimo
    modificato dall'art. 41 del decreto-legge 25 giugno 2008,
    n. 112, convertito, con modfificazioni, dalla legge 6
    agosto 2008, n. 133, come modificato dalla presente legge,
    e' il seguente:
    «Art. 18-bis (Sanzioni). - 1. La violazione del divieto
    di adibire le donne al lavoro, dalle 24 alle ore 6,
    dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al
    compimento di un anno di eta' del bambino, e' punita con
    l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 516 euro
    a 2.582 euro. La stessa sanzione si applica nel caso in cui
    le categorie di lavoratrici e lavoratori di cui alle
    lettere a), b) c), dell'art. 11, comma 2, sono adibite al
    lavoro notturno nonostante il loro dissenso espresso in
    forma scritta e comunicato al datore di lavoro entro 24 ore
    anteriori al previsto inizio della prestazione.
    2. La violazione delle disposizioni di cui all'art. 14,
    comma 1, e' punita con l'arresto da tre a sei mesi o con
    l'ammenda da 1.549 euro a 4.131 euro.
    3. In caso di violazione delle disposizioni previste
    dall'art. 4, comma 2, e dall'art. 9, comma 1, si applica la
    sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Se la
    violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero
    si e' verificata in almeno tre periodi di riferimento di
    cui all'art. 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e'
    da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a piu'
    di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno
    cinque periodi di riferimento di cui all'art. 4, commi 3 o
    4, la sanzione amministrativa e' da 1.000 a 5.000 euro e
    non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura
    ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste
    dall'art. 10, comma 1, si applica la sanzione
    amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Se la
    violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero
    si e' verificata in almeno due anni, la sanzione
    amministrativa e' da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si
    riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e'
    verificata in almeno quattro anni, la sanzione
    amministrativa e' da 800 a 4.500 euro e non e' ammesso il
    pagamento della sanzione in misura ridotta.
    4. In caso di violazione delle disposizioni previste
    dall'art. 7, comma 1, si applica la sanzione amministrativa
    pecuniaria da 50 a 150 euro. Se la violazione si riferisce
    a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in
    almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione
    amministrativa e' da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si
    riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e'
    verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la
    sanzione amministrativa e' da 900 a 1.500 euro e non e'
    ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.
    5.
    6. La violazione delle disposizioni previste dall'art.
    5, commi 3 e 5, e' soggetta alla sanzione amministrativa da
    25 a 154 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di
    cinque lavoratori ovvero si e' verificata nel corso
    dell'anno solare per piu' di cinquanta giornate lavorative,
    la sanzione amministrativa va da 154 a 1.032 euro e non e'
    ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.
    7. La violazione delle disposizioni previste dall'art.
    13, commi 1 e 3, e' soggetta alla sanzione amministrativa
    da 51 euro a 154 euro, per ogni giorno e per ogni
    lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti
    previsti.».
    - Il testo dell'art. 11, comma 7, del decreto
    legislativo 27 luglio 1999, n. 271 (Adeguamento della
    normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi
    a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma
    della legge 31 dicembre 1998, n. 485) come modificato dalla
    presente legge, e' il seguente:
    «Art. 11 (Orario di lavoro a bordo delle navi
    mercantili). - 1. Fatte salve le disposizioni riportate al
    comma 2, l'orario normale di lavoro del lavoratore
    marittimo, a bordo delle navi mercantili, e' basato su una
    durata di 8 ore giornaliere, con un giorno di riposo a
    settimana e riposo nei giorni festivi.
    2. I limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo
    a bordo delle navi sono cosi' stabiliti:
    a) il numero massimo di ore di lavoro a bordo non
    deve essere superiore a:
    1) 14 ore su un periodo di 24 ore; e
    2) 72 ore su un periodo di sette giorni;
    ovvero
    b) il numero minimo delle ore di riposo non deve
    essere inferiore a:
    1) 10 ore su un periodo di ventiquattro ore; e
    2) 77 ore su un periodo di sette giorni.
    3. Le ore di riposo possono essere ripartite in non
    piu' di due periodi distinti, uno dei quali dovra' essere
    almeno della durata di 6 ore consecutive e l'intervallo tra
    periodi consecutivi di riposo non dovra' superare le 14
    ore.
    4. Gli appelli, le esercitazioni antincendio e di
    salvataggio e le esercitazioni prescritte da regolamenti e
    normative nazionali e da convenzioni internazionali sono
    svolte in maniera tale da ridurre al minimo il disturbo nei
    periodi di riposo del lavoratore e non provocare
    affaticamento.
    5. Nelle situazioni in cui il lavoratore marittimo si
    trovi in disponibilita' alle chiamate, dovra' beneficiare
    di un adeguato periodo compensativo di riposo qualora il
    normale periodo di riposo sia interrotto da una chiamata di
    lavoro.
    6. I periodi di riposo per il personale di guardia
    impiegato a bordo delle navi mercantili sono quelli
    stabiliti all'art. 12 del decreto del Presidente della
    Repubblica 9 maggio 2001, n. 324, fatte comunque salve le
    misure minime di cui al comma 3.
    7. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 possono essere
    derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello
    nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente
    piu' rappresentative. In assenza di specifiche disposizioni
    nei contratti collettivi nazionali, le deroghe possono
    essere stabilite nei contratti territoriali o aziendali
    stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente
    piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Il
    ricorso alle deroghe deve consentire la fruizione di
    periodi di riposo piu' frequenti o piu' lunghi o la
    concessione di riposi compensativi per i lavoratori
    marittimi che operano a bordo di navi impiegate in viaggi
    di breve durata o adibite a servizi portuali.
    8. I lavoratori marittimi di eta' inferiore a 18 anni
    non devono svolgere la propria attivita' lavorativa a bordo
    in orario notturno. Ai fini di questa disposizione per
    «orario notturno» si deve intendere un periodo di almeno 9
    ore consecutive, che comprenda in ogni caso l'intervallo
    dalle ore 24 alle ore 5 del mattino.
    9. A bordo di tutte le navi mercantili e da pesca
    nazionali e' affissa, in posizione facilmente accessibile e
    redatta in lingua italiana ed in lingua inglese, una
    tabella conforme al modello di cui all'allegato 2 del
    presente decreto con l'organizzazione del servizio di
    bordo, contenente per ogni posizione lavorativa:
    a) l'orario del servizio in navigazione e del
    servizio in porto; nonche'
    b) il numero massimo di ore di lavoro o il numero
    minimo di ore di riposo previste ai sensi del presente
    decreto o dai contratti collettivi in vigore.
    10. Una copia del contratto collettivo e una copia
    delle norme nazionali devono essere conservate a bordo di
    tutte le navi mercantili e da pesca nazionali a
    disposizione di tutti i lavoratori imbarcati e degli organi
    di vigilanza.
    11. Il comandante della nave ha il diritto di esigere
    dai lavoratori marittimi le necessarie prestazioni di
    lavoro, anche sospendendo il programma di ore di lavoro e
    di ore di riposo e sino al ripristino delle normali
    condizioni di navigazione, per le attivita' inerenti:
    a) la sicurezza della navigazione in relazione a
    situazioni di emergenza per le persone imbarcate, per il
    carico trasportato e per la stessa nave;
    b) le operazioni di soccorso ad altre unita'
    mercantili o da pesca o di soccorso a persone in pericolo
    in mare.
    12. Non appena possibile dopo che e' stata ripristinata
    la normale condizione di navigazione, il coordinamento
    della nave deve far si' che i lavoratori marittimi,
    impegnati in attivita' lavorative in un periodo previsto di
    riposo, beneficino di un adeguato periodo di riposo.».




     
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    SENTENZA DELLA CORTE
    9 settembre 2003

    «Politica sociale - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva
    93/104/CE - Nozioni di orario di lavoro e di periodo di riposo - Servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) prestato dai medici in ospedale»


    Nel procedimento C-151/02,
    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art.
    234 CE, dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania), nella causa dinanzi ad esso
    pendente tra
    Landeshauptstadt Kiel
    e
    Norbert Jaeger,
    domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993,
    93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag.
    18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima,
    LA CORTE,
    composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. M. Wathelet, R. Schintgen
    (relatore) e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward,
    P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha
    Rodrigues e A. Rosas, giudici,
    avvocato generale: sig. D. Ruíz-Jarabo Colomer,
    cancelliere: sig. H. A. Rühl, amministratore principale,
    viste le osservazioni scritte presentate:
    - per la Landeshauptstadt Kiel, dal sig. W. Weißleder, Rechtsanwalt;
    - per M. Jaeger, dal sig. F. Schramm, Rechtsanwalt;
    - per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualità di agenti;
    - per il governo danese, dal sig. M. J. Molde, in qualità di agente;
    - per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;
    - per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dalla
    sig.ra K. Smith, barrister;
    - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e H. Kreppel, in qualità di
    agenti,
    vista la relazione d'udienza,
    sentite le osservazioni orali della Landeshauptstadt Kiel, rappresentata dai sigg. W. Weißleder,
    M. Bechtold e D. Seckler, Rechtsanwälte, del sig. Jaeger, rappresentato dall'avv. F. Schramm,
    del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, del governo francese,
    rappresentato dal sig. C. Lemaire, in qualità di agente, del governo dei Paesi Bassi,
    rappresentato dal sig. N. A. J. Bel, in qualità di agente, del governo del Regno Unito,
    rappresentato dalla sig.ra P. Ormond, assistita dalla sig.ra K. Smith, e della Commissione,
    rappresentata da sigg. H. Kreppel e F. Hoffmeister, in qualità di agenti, all'udienza del 25
    febbraio 2003,
    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'8 aprile 2003,
    ha pronunciato la seguente
    Sentenza
    1.
    Con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente,
    pervenute in cancelleria il 26 aprile 2002, il Landesarbeitsgericht Schleswig-
    Holstein (Tribunale del lavoro del Land Schleswig-Holstein) ha sottoposto alla
    Corte, a norma dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti
    sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE
    concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag.
    18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima.
    La Legge News
    2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la
    Landeshauptstadt Kiel (in prosieguo: il «Comune di Kiel») e il sig. Jaeger in merito
    alla definizione delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi
    della direttiva 93/104 nell'ambito del servizio di guardia («Bereitschaftsdienst»)
    prestato da un medico in ospedale.
    Contesto normativo
    La normativa comunitaria
    3.
    Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 93/104 stabilisce prescrizioni minime di
    sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro e si applica a
    tutti i settori di attività, privati o pubblici, ad eccezione dei trasporti aerei,
    ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle
    altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione.
    4.
    Al titolo «Definizioni», l'art. 2 della medesima direttiva dispone quanto segue:
    «Ai sensi della presente direttiva si intende per:
    1) orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
    disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue
    funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
    2) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
    [...]».
    5.
    La sezione II della direttiva 93/104 prevede le misure che gli Stati membri devono
    prendere affinché ogni lavoratore benefici, in particolare, di periodi minimi di
    riposo giornaliero e settimanale e disciplina altresì la durata massima settimanale
    del lavoro.
    6.
    Ai sensi dell'art. 3 della detta direttiva, intitolato «Riposo giornaliero»:
    «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici,
    nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore
    consecutive».
    7.
    Per quanto riguarda la durata massima settimanale del lavoro, l'art. 6 della
    medesima direttiva dispone:
    La Legge News
    «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli
    imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
    (...)
    2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48
    ore, comprese le ore di lavoro straordinario».
    8.
    L'art. 15 della direttiva 93/104 prevede:
    «La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od
    introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli
    alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire
    l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più
    favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».
    9.
    L'art. 16 della detta direttiva recita come segue:
    «Gli Stati membri possono prevedere:
    (...)
    2) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un
    periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.
    (...)».
    10.
    La stessa direttiva elenca una serie di deroghe a molte delle sue norme
    fondamentali, tenuto conto delle peculiarità di talune attività e a condizione che
    ricorrano determinate circostanze. A questo proposito, l'art. 17 dispone:
    «1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute
    dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16
    quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività
    esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai
    lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
    a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo
    b) di manodopera familiare; o
    c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.
    2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano
    concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure,
    in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo
    compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro
    concessa una protezione appropriata:
    La Legge News
    2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16
    (...)
    c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio
    o della produzione, in particolare, quando si tratta:
    i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali
    o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;
    (...)
    iii) di servizi stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali
    o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di
    protezione civile;
    (...)
    3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi
    conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle
    regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi
    tra le parti sociali ad un livello inferiore.
    (...)
    Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a
    condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo
    compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti
    di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai
    lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
    (...)»
    11.
    L'art. 18 della direttiva 93/104 recita come segue:
    «1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari
    ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il
    23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti
    sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che
    gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in
    qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva.
    b) i) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel
    rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei
    lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale
    scopo, che:
    - nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso
    di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui
    all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore
    all'esecuzione di tale lavoro;
    La Legge News
    - nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad
    accettare di effettuare tale lavoro;
    - il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale
    lavoro;
    - i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare
    o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di
    superare la durata massima settimanale del lavoro;
    - il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui
    consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel
    corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di
    cui all'articolo 16, punto 2.
    (...)»
    La normativa nazionale
    12.
    Il diritto del lavoro tedesco opera una distinzione tra i servizi di permanenza
    obbligatoria («Arbeitsbereitschaft»), i servizi di guardia («Bereitschaftsdienst») e i
    servizi di reperibilità («Rufbereitschaft»).
    13.
    Tali tre nozioni non sono definite dalla normativa nazionale controversa, ma le loro
    caratteristiche si evincono dalla giurisprudenza.
    14.
    Il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») identifica la
    situazione in cui il lavoratore deve tenersi a disposizione del proprio datore di
    lavoro sul luogo di lavoro ed è, inoltre, tenuto a restare costantemente vigile per
    poter intervenire immediatamente in caso di necessità.
    15.
    Durante il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») il lavoratore ha l'obbligo di
    essere presente in un luogo determinato dal datore di lavoro, all'interno o all'esterno
    dell'edificio di quest'ultimo, nonché di tenersi pronto a prendere servizio su
    richiesta del datore di lavoro, ma gli è consentito riposarsi o passare il tempo come
    vuole quando la sua opera professionale non è richiesta.
    16.
    Il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») è caratterizzato dal fatto che il
    lavoratore non è obbligato a restare in attesa in un luogo indicato dal datore di
    lavoro, ma basta che esso sia raggiungibile in qualunque momento per poter
    svolgere in breve tempo i sui compiti professionali su chiamata.
    17.
    La Legge News
    Nel diritto tedesco, solamente il servizio di permanenza obbligatoria
    («Arbeitsbereitschaft») è considerato, come regola generale, rientrare interamente
    nell'orario di lavoro. Invece, sia il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che il
    servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») son qualificati come riposo, salvo per la
    parte del servizio in cui il lavoratore ha effettivamente svolto i suoi compiti
    professionali.
    18.
    In Germania, la normativa in materia di durata del lavoro e di periodi di riposo è
    contenuta nell'Arbeitszeitgesetz (legge sull'orario di lavoro) 6 giugno 1994 (BGBl.
    1994 I, pag. 1170, in prosieguo: l'«ArbZG»), adottata per recepire la direttiva
    93/104.
    19.
    L'art. 2, n. 1, dell'ArbZG definisce orario di lavoro il periodo di tempo intercorrente
    tra l'inizio e la fine della giornata lavorativa, escluse le pause.
    20.
    Ai sensi dell'art. 3 dell'ArbZG:
    «L'orario di lavoro giornaliero non può superare le otto ore, sebbene possa essere
    prolungato fino a dieci ore, purché la durata media calcolata su un semestre solare
    o su ventiquattro settimane non ecceda le otto ore per ogni giornata lavorativa».
    21.
    L'art. 5 dell'ArbZG prevede quanto segue:
    «(1) Al termine del loro servizio quotidiano i lavoratori devono necessariamente
    beneficiare di un riposo ininterrotto di almeno undici ore.
    (2) La durata del periodo di riposo di cui al n. 1 può essere ridotta al massimo di
    un'ora negli ospedali e negli altri istituti per il trattamento, la cura e l'assistenza
    delle persone, negli alberghi, ristoranti e stabilimenti assimilati, nelle imprese di
    trasporto, nelle imprese di radiodiffusione e nell'agricoltura e allevamento, se ogni
    riduzione viene compensata, nell'arco di un mese solare o di quattro settimane,
    prolungando un altro periodo di riposo almeno fino a dodici ore.
    (3) In deroga al n. 1, negli ospedali e negli altri istituti di trattamento, cura e
    assistenza delle persone, le riduzioni del periodo di riposo dovute a un intervento
    durante i servizi di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft)
    possono essere compensate successivamente, purché tali interventi non superino la
    metà del periodo di riposo.
    (...)»
    22.
    L'art. 7 dell'ArbZG recita come segue:
    «(1) Mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un contratto
    collettivo, è consentito:
    La Legge News
    1. in deroga all'art. 3,
    a) prolungare l'orario di lavoro giornaliero oltre le dieci ore, anche senza
    compensazione, quando nell'orario di lavoro rientrano di regola e in misura
    rilevante ore di permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft),
    b) differire ad un altro momento il periodo di riposo compensativo,
    c) estendere, senza compensazione, l'orario lavorativo giornaliero fino a dieci ore,
    per un massimo di sessanta giorni all'anno,
    (...)
    (2) A condizione che la salute dei lavoratori sia tutelata con un equivalente riposo
    compensativo, un contratto collettivo o un accordo aziendale può prevedere:
    1. in deroga all'art. 5, n. 1, di adattare i periodi di riposo, in caso di servizio di
    guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) alle peculiarità di
    tali servizi ed in particolare di compensare successivamente le riduzioni dei periodi
    di riposo qualora i lavoratori siano chiamati in servizio;
    (...)
    3. per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, di adeguare le norme di cui
    agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2, alle peculiarità di tali attività e al benessere di tali
    persone;
    4. per le amministrazioni federali, regionali, comunali o di altri enti, istituzioni e
    fondazioni di diritto pubblico, nonché per gli altri datori di lavoro cui si applicano i
    contratti collettivi vigenti per il pubblico impiego o contratti collettivi di contenuto
    sostanzialmente simile, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2
    alle peculiarità di tali attività.
    (...)»
    23.
    L'art. 25 dell'ArbZG così dispone:
    «Se, alla data di entrata in vigore della presente legge, un contratto collettivo
    esistente o che continua a produrre effetti dopo tale data, contiene disposizioni
    derogatorie ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2 (...), che superano i limiti massimi stabiliti
    dalle norme citate, tali disposizioni restano impregiudicate. Gli accordi aziendali
    fondati su contratti collettivi sono assimilati ai contratti collettivi di cui alla prima
    frase (...)».
    24.
    Il Bundesangestelltentarifvertrag (contratto collettivo del pubblico impiego in
    Germania, in prosieguo: il «BAT») prevede in particolare quanto segue:
    «Art. 15 Orario di lavoro normale
    La Legge News
    (1) L'orario di lavoro normale prevede mediamente 38 ore e mezzo (pause escluse)
    alla settimana. In generale, la media dell'orario di lavoro settimanale normale è
    calcolata su un periodo di otto settimane (...)
    (2) L'orario di lavoro normale può essere esteso
    a) fino a dieci ore giornaliere (in media 49 ore settimanali) se include di regola una
    permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno due ore al giorno in
    media,
    b) fino a undici ore giornaliere (in media 54 ore settimanali) se include di regola
    una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno tre ore al giorno in
    media,
    c) fino a dodici ore giornaliere (in media 60 ore settimanali) se il lavoratore deve
    soltanto essere presente sul luogo di lavoro per svolgere il lavoro richiesto in caso
    di necessità.
    (...)
    (6 bis) Il dipendente, su richiesta del datore di lavoro, è obbligato a trattenersi oltre
    l'orario di lavoro normale in un determinato luogo indicato da quest'ultimo, oppure
    può essere chiamato a lavorare in funzione delle necessità [servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst)]. Il datore di lavoro può imporre un servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) soltanto ove sia prevista una certa mole di lavoro ma, per
    acquisita esperienza, prevalga il periodo non lavorato.
    Per calcolare la retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia
    (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative in base alla
    percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto; le ore
    lavorative così valutate sono pagate come ore straordinarie (...)
    Prima che sia terminato il trimestre solare, le ore di lavoro calcolate in tal modo,
    invece di essere retribuite, possono essere compensate con la concessione di un
    equivalente periodo libero (riposo compensativo) (...)».
    25.
    Parallelamente all'art. 15, n. 6 bis, del BAT, le parti sociali hanno concordato
    norme speciali («Sonderregelungen») per il personale dei centri ospedalieri e
    medici, degli istituti di cura e di maternità nonché di altri centri e stabilimenti
    sanitari (in prosieguo: la «SR 2 a»). Le disposizioni speciali per i medici e i medici
    dentisti dei centri e degli istituti previsti dalla SR 2 a (in prosieguo: la «SR 2 c»)
    recitano come segue:
    «N.8
    Per quanto concerne l'art. 15, n. 6 bis (...)
    Servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), reperibilità (Rufbereitschaft)
    (...)
    La Legge News
    (2) Per il calcolo della retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di
    guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative
    nella maniera seguente:
    a) La presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst) è
    convertita come segue in ore lavorative in base alla base percentuale rappresentata
    in pratica dalla durata media del lavoro richiesto:
    Categoria Lavoro richiesto durante il Conversione in orario
    servizio di guardia di lavoro
    (Bereitschaftsdienst)
    A da 0 a 10% 15%
    B da oltre 10 a 25% 25%
    C da oltre 25 a 40% 40%
    D da oltre 40 a 49% 55%
    Un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) che rientra nella categoria A viene
    riclassificato nella categoria B se l'esperienza dimostra che, durante la guardia,
    l'interessato interviene mediamente più di tre volte fra le ore 22 e le ore 6.
    b) Inoltre, il periodo di presenza imposto da ogni servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) è convertito come segue in funzione del numero di guardie
    effettuate dall'interessato nell'arco di un mese solare:
    Numero di servizi di guardia Conversione in orario
    (Bereitschaftsdienste) di lavoro
    nel mese solare
    Da 1 a 8 servizi di guardia 25%
    Da 9 a 12 servizi di guardia 35%
    Oltre 13 servizi di guardia 45%
    (...)
    (7) In un mese solare non possono essere disposti
    più di sette servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie A e B,
    più di sei servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie C e D.
    E' consentito superare provvisoriamente tali percentuali quando [, ove fossero
    rispettate] non sarebbe garantita l'assistenza ai pazienti. (...)
    (...)»
    Controversia principale e questioni pregiudiziali
    La Legge News
    26.
    Dall'ordinanza di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale
    controvertono sul punto se l'orario dedicato al servizio di guardia
    («Bereitschaftsdienst») organizzato dal comune di Kiel nell'ospedale da esso
    gestito debba essere considerato orario di lavoro o periodo di riposo. La
    controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda esclusivamente gli
    aspetti di diritto del lavoro connessi ai periodi di guardia e non i relativi criteri di
    remunerazione.
    27.
    Dal 1° maggio 1992 il sig. Jaeger lavora come assistente medico presso il reparto
    di chirurgia del detto ospedale. Il suo servizio rappresenta i 3/4 dell'orario
    settimanale normale (cioè 28,875 ore settimanali). Inoltre, egli è tenuto, in virtù di
    un accordo accessorio, a garantire turni di guardia rientranti nella categoria D del n.
    8, par. 2, della SR 2 c. Nel contratto di lavoro le parti del procedimento principale
    hanno convenuto l'applicazione del BAT.
    28.
    Il sig. Jaeger di regola effettua sei servizi di guardia al mese, compensati in parte
    mediante concessione di tempo libero e in parte mediante il versamento di
    retribuzioni aggiuntive.
    29.
    Il servizio di guardia comincia al termine del normale orario lavorativo e ha una
    durata di 16 ore nei giorni feriali, di 25 ore il sabato (dalle 8.30 del sabato mattina
    alle 9.30 della domenica mattina) e di 22 ore e 45 minuti la domenica (dalle 8.30
    della domenica mattina alle 7.15 de lunedì mattina).
    30.
    I servizi di guardia sono così organizzati: il sig. Jaeger è presente in clinica e vi
    effettua le prestazioni professionali eventualmente necessarie. Egli ha a
    disposizione, in ospedale, una stanza con un letto nella quale è autorizzato a
    dormire quando non sono richieste le sue prestazioni. L'adeguatezza di tale alloggio
    è contestata. Per contro è pacifico che i periodi in cui il sig. Jaeger è chiamato a
    svolgere un compito professionale rappresentano mediamente il 49% dei servizi di
    guardia.
    31.
    Il sig. Jaeger ritiene che i servizi di guardia da lui effettuati in qualità di medico
    assistente o medico di emergenza nell'ambito del servizio di pronto soccorso
    debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro ai sensi
    dell'ArbZG, in virtù della diretta applicazione della direttiva 93/104.
    L'interpretazione fornita dalla Corte in merito alla nozione di orario di lavoro nella
    sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963) potrebbe
    essere applicata al presente procedimento, concernente una situazione
    sostanzialmente simile. In particolare, gli obblighi del servizio di guardia in
    Spagna, in esame nel procedimento che ha dato luogo alla citata sentenza Simap,
    La Legge News
    sarebbero paragonabili a quelli cui egli è sottoposto. Di conseguenza, l'art. 5, n. 3,
    dell'ArbZG sarebbe in contrasto con la direttiva 93/104 e, pertanto, inapplicabile.
    L'interessato aggiunge che il comune di Kiel non può legittimamente appellarsi alle
    disposizioni derogatorie dell'art. 17 di tale direttiva, il quale prevederebbe
    eccezioni relative solo alla durata dei periodi di riposo, a prescindere dalla nozione
    di orario di lavoro.
    32.
    Per contro, il comune di Kiel sostiene che, secondo l'interpretazione costante dei
    giudici nazionali e della dottrina prevalente, le fasi di inattività durante il servizio
    di guardia devono essere considerate periodi di riposo e non orario di lavoro.
    Qualsiasi altra interpretazione priverebbe di significato gli artt. 5. n. 3, e 7 n. 2,
    dell'ArbZG. Inoltre, la citata sentenza Simap non sarebbe applicabile al caso di
    specie, infatti, i medici spagnoli interessati avrebbero esercitato la loro attività a
    tempo pieno nei servizi di pronto soccorso, mentre i medici tedeschi sarebbero
    chiamati a svolgere un compito professionale al massimo per il 49% in media del
    periodo del servizio di guardia. Infine, la normativa nazionale che stabilisce
    deroghe alla durata del lavoro rientrerebbe nell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104 e
    gli Stati membri disporrebbero di un ampio margine discrezionale in merito.
    Un'espressa menzione dell'art. 2 di tale direttiva all'interno dell'art. 17 della
    medesima sarebbe superflua in quanto l'art. 2 contiene soltanto definizioni.
    33.
    In primo grado, l'Arbeitsgericht Kiel (Germania), con sentenza 8 novembre 2001,
    ha accolto la domanda del sig. Jaeger ritenendo che i servizi di guardia che
    quest'ultimo era tenuto a svolgere nell'ospedale di Kiel dovessero essere conteggiati
    come rientranti integralmente nell'orario di lavoro ai sensi dell'art. 2 dell'ArbZG.
    34.
    Il comune di Kiel ha pertanto sottoposto la controversia al Landesarbeitsgericht
    Schleswig-Holstein.
    35.
    Tale giudice rileva che la nozione di servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») non
    è esplicitamente definita nell'ArbZG. Essa riguarderebbe l'obbligo di essere
    presente in un luogo indicato dal datore di lavoro e di tenersi pronto a svolgere
    tempestivamente i propri compiti professionali in caso di necessità. Non sarebbe
    richiesta una «vigile attenzione» («wache Achtsamkeit») e, al di fuori degli
    effettivi periodi di attività, il lavoratore potrebbe riposarsi o dedicarsi a qualsiasi
    altra occupazione. Durante il servizio di guardia, quest'ultimo non dovrebbe fornire
    le sue prestazioni professionali di propria iniziativa, ma soltanto su richiesta del
    datore di lavoro.
    36.
    Il sig. Jaeger svolgerebbe un siffatto servizio di guardia, che in Germania è
    conteggiato come periodo di riposo e non come orario di lavoro, eccettuata la parte
    del detto servizio in cui il lavoratore ha effettivamente esercitato la propria attività
    professionale. Tale assunto deriverebbe dagli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG.
    La Legge News
    Infatti, la circostanza che la riduzione dei periodi di riposo a seguito
    dell'assolvimento dei suoi compiti durante il servizio di guardia possa essere
    compensata successivamente, indicherebbe che quest'ultimo vale come periodo di
    riposo ove l'interessato non sia stato effettivamente chiamato a fornire la sua opera
    professionale. Questa sarebbe stata la volontà del legislatore nazionale, poiché
    risulterebbe dai lavori preparatori dell'ArbZG che periodi di lavoro possono seguire
    a servizi di guardia.
    37.
    Il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, sia necessario accertare se i
    servizi di guardia debbano essere considerati come interamente rientranti
    nell'orario di lavoro, anche se l'interessato non ha effettivamente adempiuto i suoi
    obblighi professionali, e anzi gli è consentito dormire durante tali servizi. Tale
    questione non era stata proposta nella causa Simap e pertanto la Corte non
    l'avrebbe risolta.
    38.
    Ove non fosse possibile risolvere tale questione in maniera chiara, per risolvere la
    controversia occorrerebbe accertare se l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG contrasti con l'art.
    2, nn. 1 e 2. della direttiva 93/104.
    39.
    Infine, tenuto conto della domanda proposta in subordine - volta a far constatare
    che il sig. Jaeger non è tenuto, nell'ambito dei suoi obblighi definiti per contratto, a
    lavorare a titolo del suo servizio regolare e di guardia, ore straordinarie comprese,
    per più di dieci ore al giorno e per più di 48 ore in media alla settimana - e dato che
    il comune di Kiel si richiama a tal proposito agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG,
    sarebbe necessario decidere se tali disposizioni rientrano nel margine discrezionale
    che la direttiva 93/104 attribuisce agli Stati membri e alle parti sociali.
    40.
    Infatti, nell'ipotesi in cui i servizi di guardia dovessero essere considerati
    integralmente orario di lavoro e l'organizzazione a livello nazionale di tali servizi
    fosse ritenuta in contrasto con l'art. 3 della direttiva 93/104 perché il periodo di
    riposo di undici ore consecutive potrebbe non solo essere ridotto ma anche
    interrotto, la normativa tedesca potrebbe nondimeno rientrare nella sfera di
    applicazione dell'art. 17, n. 2, di tale direttiva.
    41.
    Se la normativa nazionale o il contratto collettivo applicabile garantissero ai
    lavoratori un periodo di riposo sufficiente - nonostante il fatto che il servizio di
    guardia è da essi considerato periodo di riposo - lo scopo della direttiva 93/104,
    consistente nel proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori nella Comunità,
    potrebbe essere garantito.
    42.
    La Legge News
    Considerato che, ciò premesso, per risolvere la controversia per la quale è adito è
    necessaria l'interpretazione del diritto comunitario, il Landesarbeitsgericht
    Schleswig-Holstein ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
    Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
    «1) Se il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), prestato da un lavoratore in un
    ospedale, possa generalmente essere considerato come rientrante nell'orario di
    lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104/CE, anche quando al
    lavoratore è consentito dormire nel tempo in cui non sono richieste le sue
    prestazioni.
    2) Se una norma del diritto nazionale, la quale consideri come periodo di riposo,
    nel caso in cui non vi siano richieste di prestazioni, il servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) configurato in modo che il lavoratore riposi in un'apposita
    stanza posta a sua disposizione nell'ospedale ed esegua la prestazione lavorativa
    solo su richiesta, violi l'art. 3 della direttiva 93/104/CE.
    3) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta, negli ospedali ed altre
    istituzioni rivolte al trattamento medico, cura e assistenza delle persone, una
    riduzione del periodo di riposo di 11 ore, configurata in modo che i periodi di
    tempo relativi alle prestazioni rese durante il servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft), che non superino
    complessivamente la metà del periodo di riposo, vengano compensati con altri
    periodi, violi la direttiva 93/104/CE.
    4) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta che in un contratto
    collettivo, o in un contratto aziendale basato su un contratto collettivo, possa essere
    previsto che i periodi di riposo durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o
    di reperibilità (Rufbereitschaft) vengano adattati alle particolari caratteristiche di
    tali servizi, ed in particolare che riduzioni del periodo di riposo determinate da
    richieste di prestazioni durante tali servizi possano essere compensate con altri
    periodi, violi la direttiva 93/104/CE».
    Sulle questioni pregiudiziali
    43.
    In limine, occorre ricordare che, anche se non spetta alla Corte pronunciarsi,
    nell'ambito di un procedimento promosso ai sensi dell'art. 234 CE, sulla
    compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario, né interpretare
    disposizioni legislative o regolamentari nazionali, essa è tuttavia competente a
    fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto
    comunitario che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la
    definizione della causa per la quale è adito (v., in particolare, sentenze 15 dicembre
    1993, causa C-292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I-6787, punto 8; 3 maggio
    2001, causa C-28/99, Verdonck e a., Racc. pag. I-3399, punto 28, e 27 novembre
    2001, cause riunite C-285/99 e C-286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I-
    9233, punto 27).
    Sulla prima e seconda questione
    44.
    La Legge News
    Alla luce di quanto ricordato al punto precedente, si devono intendere le prime due
    questioni, da esaminare congiuntamente, come dirette ad accertare se la direttiva
    93/104 vada interpretata nel senso che un servizio di guardia
    («Bereitschaftsdienst») effettuato da un medico, secondo il regime della presenza
    fisica in ospedale, va qualificato interamente come orario di lavoro ai sensi della
    medesima direttiva, sebbene all'interessato sia consentito riposare sul luogo di
    lavoro durante i periodi in cui non sono richieste le sue prestazioni, sicché tale
    direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che considera come riposo i
    periodi di inattività del lavoratore nell'ambito di un servizio di guardia del genere.
    45.
    Per risolvere tali questioni così riformulate, occorre rilevare innanzitutto che tanto
    dall'art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti
    dagli artt. 136 CE-143 CE), che costituisce il fondamento normativo della direttiva
    93/104, quanto dai considerando primo, quarto, settimo e ottavo nonché dalla
    stessa formulazione dell'art. 1, n. 1, della direttiva risulta che essa intende fissare
    prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei
    lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in
    particolare, l'orario di lavoro (v. sentenza 26 giugno 2001, causa C-173/99,
    BECTU, Racc. pag. I-4881, punto 37).
    46.
    A norma di queste stesse disposizioni, tale armonizzazione a livello comunitario in
    materia di organizzazione dell'orario di lavoro è diretta a garantire una migliore
    tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere questi ultimi di
    periodi minimi di riposo - in particolare giornaliero e settimanale - e di periodi di
    pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (v.
    citate sentenze Simap, punto 49, e BECTU, punto 38).
    47.
    In tale contesto, deriva dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei
    lavoratori, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, e in
    particolare dai suoi punti 8 e 19, primo comma, richiamati al quarto considerando
    della direttiva 93/104, che ogni lavoratore della Comunità europea deve beneficiare
    nell'ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza
    soddisfacenti e, in particolare, che ha diritto al riposo settimanale i cui periodi
    devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso,
    conformemente alle prassi nazionali.
    48.
    Per quanto riguarda in particolare la nozione di «orario di lavoro» ai sensi della
    direttiva 93/104, va ricordato che, al punto 47 della citata sentenza Simap, la Corte
    ha rilevato che tale direttiva definisce la detta nozione comprendendovi qualsiasi
    periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e
    nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni
    e/o prassi nazionali e che la medesima nozione va intesa in opposizione al periodo
    di riposo, ciascuna delle due nozioni escludendo l'altra.
    49.
    La Legge News
    Al punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte ha statuito che gli elementi
    caratteristici della detta nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di
    servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso della regione di
    Valencia (Spagna) effettuati secondo un regime di presenza fisica nei centri
    sanitari. La Corte ha infatti constatato che, nella causa che ha dato luogo alla detta
    sentenza, era pacifico che, nel caso di periodi di guardia svolti secondo tale regime,
    le due prime condizioni elencate nella definizione della nozione di orario di lavoro
    sono soddisfatte. Inoltre, essa ha affermato che, anche se l'attività effettivamente
    svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo imposto a tali medici di essere
    presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale
    dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni.
    50.
    La Corte ha aggiunto, al punto 49 della citata sentenza Simap, che tale
    interpretazione è conforme all'obiettivo della direttiva 93/104, che è quello di
    garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendo in modo che essi possano
    beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa, mentre
    escludere dalla nozione di «orario di lavoro», ai sensi di tale direttiva, il periodo di
    servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica equivarrebbe a
    rimettere seriamente in discussione il detto obiettivo.
    51.
    Al punto 50 della citata sentenza Simap, la Corte ha inoltre precisato che diverso è
    il caso in cui i medici delle unità di pronto soccorso svolgano il servizio di guardia
    secondo il sistema per cui essi devono essere reperibili in permanenza senza per
    questo essere obbligati ad essere presenti nel centro sanitario. Infatti, pur essendo a
    disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili,
    tuttavia, in tal caso, i medici possono gestire il loro tempo in modo più libero e
    dedicarsi ai propri interessi sicché solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di
    servizi di pronto soccorso dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della
    direttiva 93/104.
    52.
    Dopo aver rilevato, al punto 51 della citata sentenza Simap, che le ore di lavoro
    straordinario rientrano nella nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva
    93/104, la Corte ha concluso, al punto 52 della medesima sentenza, che il periodo
    di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo
    il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente
    considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro
    straordinario ai sensi della detta direttiva, mentre, per quanto concerne il servizio di
    guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in
    permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto
    soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro (v, nello stesso
    senso, ordinanza 3 luglio 2001, causa C-241/99, CIG, Racc. pag. I-5139, punti 33 e
    34).
    53.
    La Legge News
    Orbene, è giocoforza constatare, da un lato, che è pacifico che un medico che
    svolge funzioni come quelle contestate nella causa principale effettua il suo periodo
    di guardia secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario.
    54.
    Dall'altro, né il contesto né la natura delle attività di un medico del genere
    comportano differenze di rilievo rispetto a quelle di cui trattavasi nella causa che ha
    dato luogo alla citata sentenza Simap tali da rimettere in discussione
    l'interpretazione fornita in tale sentenza dalla Corte in merito alla direttiva 93/104.
    55.
    Al riguardo, non si può validamente differenziare tali attività affermando che, nella
    causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, i medici di un'unità di pronto
    soccorso sarebbero soggetti a un orario lavorativo ininterrotto che può prolungarsi
    fino a 31 ore senza riposo notturno, mentre, per quanto concerne il servizio di
    guardia come quello di cui trattasi nella causa principale, la normativa nazionale
    pertinente garantirebbe che i periodi in cui l'interessato è chiamato a svolgere un
    compito professionale non superino il 49% di tutto il periodo di guardia, di modo
    che egli potrebbe restare inattivo per più della metà di detto periodo.
    56.
    Infatti, come rilevato dall'avvocato generale nella nota n. 3 delle sue conclusioni,
    dalla normativa spagnola contestata nella causa che ha dato luogo alla citata
    sentenza Simap non deriva, per i medici che garantiscono un servizio di guardia
    presso l'ospedale, l'obbligo di restare vigili e attivi mentre sono in servizio. La
    stessa conclusione si può trarre dai paragrafi 15, 31 e 33 delle conclusioni
    dell'avvocato generale presentate nella detta causa.
    57.
    Inoltre, se la percentuale del 49% prevista dalla normativa nazionale in esame nella
    causa principale si riferisce alla media, calcolata su un certo periodo, del tempo
    legato all'effettiva prestazione di servizi durante il periodo di guardia, nondimeno,
    in tale periodo, un medico può essere chiamato a prestare la propria opera ogni
    qualvolta sia necessario e per tutto il tempo necessario, senza che la detta
    normativa preveda un qualsiasi limite al riguardo.
    58.
    Comunque, le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della
    direttiva 93/104 non devono essere interpretate in funzione delle prescrizioni delle
    varie normative degli Stati membri, ma sono nozioni di diritto comunitario che
    occorre definire secondo criteri oggettivi, facendo riferimento al sistema e alla
    finalità della detta direttiva, come ha fatto la Corte ai punti 48 e 50 della citata
    sentenza Simap. Soltanto una siffatta interpretazione autonoma può assicurare la
    piena efficacia di tale direttiva nonché l'applicazione uniforme delle dette nozioni
    in tutti gli Stati membri.
    59.
    La Legge News
    Pertanto, il fatto che la definizione della nozione di orario di lavoro si riferisca alle
    «normative e/o prassi nazionali» non significa che gli Stati membri possano
    definire unilateralmente la portata di tale nozione. Inoltre tali Stati non possono
    subordinare a qualsivoglia condizione il diritto dei lavoratori a che i periodi di
    lavoro, e, correlativamente, quelli di riposo, siano tenuti in debito conto, poiché un
    diritto del genere deriva direttamente dalle disposizioni di tale direttiva. Qualsiasi
    altra interpretazione vanificherebbe lo scopo della direttiva 93/104 che è quello di
    armonizzare la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori mediante
    prescrizioni minime (v. sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno
    Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punti 45 e 75).
    60.
    Il fatto che, nella citata sentenza Simap, la Corte non si sia pronunciata
    esplicitamente in merito alla possibilità, per i medici che svolgono un servizio di
    guardia secondo il regime della presenza fisica in ospedale, di riposarsi, e anche di
    dormire, durante i periodi in cui non si richiede la loro opera, è irrilevante al
    riguardo.
    61.
    Siffatti periodi di inattività professionale ineriscono infatti al servizio di guardia
    effettuato dai medici secondo il regime della presenza fisica in ospedale, dato che,
    a differenza del normale orario lavorativo, la necessità di interventi urgenti dipende
    dalle circostanze e non può essere preventivamente programmata.
    62.
    Inoltre, all'ultima frase del punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte si è
    espressamente riferita a tale caratteristica, da cui risulta necessariamente che essa
    sia partita dall'ipotesi che i medici di guardia presenti in ospedale non esercitano,
    effettivamente e ininterrottamente, le loro attività professionali per tutto il periodo
    di guardia.
    63.
    Secondo la Corte, il fattore determinante per ritenere che gli elementi caratteristici
    della nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 93/104, sono presenti nei
    periodi di servizio di guardia che i medici effettuano nell'ospedale stesso è il fatto
    che essi sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di
    lavoro e a tenervisi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente
    la loro opera in caso di necessità. Infatti, come emerge dal punto 48 della citata
    sentenza Simap, occorre considerare che tali obblighi, che rendono impossibile ai
    medici interessati di scegliere il luogo in cui stare durante le attese, rientrano
    nell'esercizio delle loro funzioni.
    64.
    Tale conclusione non muta per il solo fatto che il datore di lavoro mette a
    disposizione del medico una stanza di riposo in cui può stare quando non è
    richiesto il suo intervento professionale.
    65.
    La Legge News
    Va aggiunto che, come statuito dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Simap,
    rispetto a un medico in regime di reperibilità, regime che presuppone soltanto che
    questi possa essere costantemente raggiunto senza tuttavia imporre la sua presenza
    fisica nel centro sanitario, un medico obbligato a tenersi a disposizione del datore
    di lavoro sul luogo da esso indicato, per tutta la durata del servizio di guardia, è
    soggetto ad obblighi decisamente più onerosi, perché deve restare lontano dal suo
    ambiente familiare e sociale e beneficia di una minore libertà di gestire il tempo in
    cui non è richiesta la sua attività professionale. In tale contesto, un lavoratore a
    disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro non può essere considerato in
    riposo nei periodi del suo servizio di guardia durante i quali non presta
    effettivamente la sua attività professionale.
    66.
    Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione dalle obiezioni relative
    alle conseguenze di ordine economico e organizzativo che, secondo i cinque Stati
    membri che hanno presentato osservazioni ai sensi dell'art. 20 dello statuto CE
    della Corte di giustizia, deriverebbero dall'estendere a una fattispecie quale quella
    della causa principale la soluzione adottata nella citata sentenza Simap.
    67.
    Peraltro, emerge dal quinto considerando della direttiva 93/104 che «il
    miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il
    lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di
    carattere puramente economico»
    68.
    Da tutto quanto precede risulta che la conclusione cui è giunta la Corte nella citata
    sentenza Simap, secondo la quale il periodo di servizio di guardia che svolgono i
    medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel
    centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di
    lavoro ai sensi della direttiva 93/104, indipendentemente dalle prestazioni
    lavorative realmente effettuate dagli interessati, deve applicarsi anche ai servizi di
    guardia effettuati, secondo il medesimo regime, da un medico come il sig. Jaeger
    nell'ospedale in cui lavora.
    69.
    Ciò premesso, la direttiva 93/104 osta a una normativa nazionale quale quella
    contestata nella causa principale, in forza della quale sono considerati come
    rientranti nei periodi di riposo i periodi di servizio di guardia durante i quali il
    medico non è effettivamente chiamato a svolgere un compito professionale e può
    riposarsi, ma deve essere presente e restare a disposizione sul luogo indicato dal
    datore di lavoro per prestare la propria opera in caso di necessità o quando gli è
    richiesto di intervenire.
    70.
    Tale interpretazione infatti è l'unica conforme all'obiettivo della direttiva 93/104 di
    garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo
    loro beneficiare effettivamente di periodi minimi di riposo. Una siffatta
    La Legge News
    interpretazione s'impone a maggior ragione in quanto si tratta si medici che
    garantiscono un servizio di guardia nei centri sanitari, dato che i periodi durante i
    quali la loro opera non è richiesta per far fronte ad urgenze possono, secondo i casi,
    essere brevi e/o soggetti a frequenti interruzioni mentre, peraltro, non si può
    escludere che gli interessati siano chiamati a intervenire, oltre che per le urgenze,
    per seguire lo stato dei pazienti posti sotto la loro sorveglianza o per svolgere
    compiti amministrativi.
    71.
    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la
    prima e la seconda questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel
    senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge
    secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come
    interamente rientrante nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche
    qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi
    in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa
    di uno Stato membro che qualifica come periodi di riposo i periodi di inattività del
    lavoratore durante un tale servizio di guardia.
    Sulla terza e quarta questione
    72.
    Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il
    giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 93/104 debba essere interpretata
    nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, per quanto
    riguarda il servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in
    ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante un contratto
    collettivo o un accordo aziendale basato su un tale contratto, una riduzione del
    periodo di riposo giornaliero di 11 ore tramite compensazione «successiva dei
    periodi di lavoro effettuati durante la guardia».
    73.
    Risulta dal contesto in cui la terza e la quarta questione sono state sollevate che il
    giudice del rinvio si chiede se le prescrizioni degli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo
    comma, dell'ArbZG, siano compatibili con la direttiva 93/104.
    74.
    A questo proposito risulta innanzitutto che norme nazionali come quelle esaminate
    dal giudice del rinvio distinguono a seconda che al lavoratore sia chiesto o meno di
    svolgere realmente prestazioni lavorative durante il servizio di guardia, poiché
    soltanto gli effettivi periodi di attività svolti durante tale servizio sono oggetto di
    compensazione, mentre i periodi di guardia in cui il lavoratore non è attivo sono
    considerati come rientranti nei periodi di riposo.
    75.
    Orbene, come emerge dalla risposta alle prime due questioni, servizi di guardia
    svolti da un medico nell'ospedale in cui lavora devono essere considerati
    integralmente periodi lavorativi, a prescindere dal fatto che, durante tale guardia, il
    La Legge News
    lavoratore non svolga permanentemente attività effettive. Di conseguenza, la
    direttiva 93/104 osta a una normativa di uno Stato membro che assimila a periodo
    di riposo, ai sensi di tale direttiva, i periodi di inattività del lavoratore durante il
    servizio di guardia effettuato presso il centro sanitario e, pertanto, che preveda la
    compensazione soltanto dei periodi in cui l'interessato ha effettivamente svolto
    un'attività professionale.
    76.
    Per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre altresì precisare le
    prescrizioni della direttiva 93/104 per quanto riguarda il periodo di riposo nonché
    esaminare in particolare se, ed eventualmente in quale misura, norme nazionali
    come gli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG possano rientrare fra le
    possibilità di deroga previste da tale direttiva.
    77.
    Ciò premesso, l'art. 3 della medesima sancisce il diritto di qualsiasi lavoratore di
    beneficiare, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di
    11 ore consecutive.
    78.
    Quanto all'art. 6 della detta direttiva, esso obbliga gli Stati membri a prendere le
    misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della
    sicurezza e della salute dei lavoratori, la durata media dell'orario di lavoro per ogni
    periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
    79.
    Orbene, risulta dalla formulazione stessa delle due disposizioni summenzionate che
    in via di principio non è con esse compatibile una normativa nazionale, come
    quella di cui trattasi nella causa principale, la quale autorizza periodi di lavoro che
    possono durare circa 30 ore consecutive, quando un periodo d guardia precede o
    segue direttamente un servizio normale, ovvero più di 50 ore settimanali, compresi
    i servizi di guardia. La situazione sarebbe diversa soltanto se la detta normativa
    rientrasse fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.
    80.
    A questo proposito emerge dal sistema attuato da tale direttiva che, sebbene l'art. 5
    della medesima consenta in via generale di applicare od introdurre disposizioni
    nazionali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori,
    per contro la detta direttiva precisa, all'art. 17, che soltanto alcune delle sue
    disposizioni, tassativamente elencate, possono essere oggetto di deroghe previste
    dagli Stati membri o dalle parti sociali.
    81.
    Orbene, in primo luogo, è significativo che l'art. 2 della direttiva 93/104 non figuri
    fra le disposizioni cui essa consente espressamente di derogare.
    82.
    La Legge News
    Tale circostanza corrobora la constatazione, di cui ai punti 58 e 59 della presente
    sentenza, secondo la quale le definizioni contenute al detto art. 2 non possono
    essere liberamente interpretate dagli Stati membri.
    83.
    In secondo luogo, l'art. 6 della direttiva 93/104 è menzionato solo all'art. 17, n. 1,
    della medesima, mentre è evidente che quest'ultima disposizione concerne attività
    che non hanno alcun rapporto con quelle svolte da un medico durante servizi di
    guardia effettuati secondo il regime della presenza fisica in ospedale.
    84.
    E' vero che l'art. 18, n. 1, lett. b), i), della direttiva 93/104 prevede che gli Stati
    membri hanno la facoltà di non applicare il detto articolo 6, purché rispettino i
    principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori e a
    condizione di soddisfare un certo numero di requisiti cumulativi elencati nella detta
    disposizione.
    85.
    Tuttavia, come esplicitamente confermato dal governo tedesco all'udienza, è
    pacifico che la Repubblica federale di Germania non ha utilizzato tale possibilità di
    deroga.
    86.
    In terzo luogo. l'art. 3 della direttiva 93/104 è, per contro, menzionato in più
    paragrafi dell'art. 17 di quest'ultima e, in particolare, al n. 2, punto 2.1, disposizione
    pertinente nella causa principale, dato che esso riguarda, alle lett. c), i), «le attività
    caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio (...), in
    particolare, quando si tratta (...) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o
    alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi (...)».
    87.
    Le peculiarità proprie dell'organizzazione delle unità di servizio di guardia presso
    gli ospedali o stabilimenti analoghi sono pertanto riconosciute dalle direttiva
    93/104, in quanto essa prevede, all'art. 17, talune possibilità di deroga che le
    riguardano.
    88.
    Così la Corte ha ritenuto, al punto 45 della citata sentenza Simap, che l'attività dei
    medici delle unità di pronto soccorso può rientrare fra le deroghe previste da detto
    articolo, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni ivi elencate (v. ordinanza
    CIG, cit., punto 31).
    89.
    Occorre osservare a tale proposito che, in quanto eccezioni al sistema comunitario
    in materia di organizzazione dell'orario di lavoro attuato dalla direttiva 93/104, le
    deroghe previste all'art. 17 di quest'ultima devono essere interpretate in modo che
    La Legge News
    la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi
    che tali deroghe permettono di proteggere.
    90.
    Inoltre, ai termini stessi dell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104, l'applicazione di
    una deroga del genere, in particolare per quanto riguarda la durata del riposo
    giornaliero previsto all'art. 3 di tale direttiva, è espressamente subordinata alla
    condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo
    compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti
    di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai
    detti lavoratori sia accordata una protezione appropriata. A norma del n. 3 del detto
    art. 17, le stesse condizioni si applicano in caso di deroga al detto art. 3 mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o
    regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.
    91.
    Orbene, da un lato, come già rilevato al punto 81 della presente sentenza, l'art. 17
    della direttiva 93/104 non consente di derogare alle definizioni delle nozioni di
    «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» di cui all'art. 2 di tale direttiva,
    calcolando come riposo i periodi di inattività di un medico che è tenuto ad
    effettuare il proprio servizio di guardia presso l'ospedale, mentre periodi del genere
    vanno considerati facenti interamente parte dell'orario di lavoro ai sensi della detta
    direttiva.
    92.
    Dall'altro, occorre ricordare che la direttiva 93/104 ha lo scopo di proteggere in
    modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tenuto conto di tale obiettivo
    sostanziale, ogni lavoratore deve in particolare beneficiare di periodi di riposo
    adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di
    recuperare la fatica dovuta al lavoro, devono anche rivestire un carattere preventivo
    tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute
    dei lavoratori che l'accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può
    rappresentare.
    93.
    A tale proposito, risulta dal punto 15 della citata sentenza Regno Unito/Consiglio
    che le nozioni di «sicurezza» e «salute» ai sensi dell'art. 118 A del Trattato, su cui
    si fonda la direttiva 93/104, devono ottenere un'interpretazione ampia come
    riguardanti tutti i fattori, fisici e di altra natura, in grado di incidere sulla salute e
    sulla sicurezza del lavoratore nel suo ambiente di lavoro e, in particolare, taluni
    aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Allo stesso punto della detta
    sentenza, la Corte ha dichiarato, inoltre, che una siffatta interpretazione è
    avvalorata dal preambolo della costituzione dell'Organizzazione mondiale della
    Sanità, alla quale appartengono tutti gli Stati membri, che definisce la salute come
    uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non come uno stato che
    consiste nella sola assenza di malattie o infermità.
    94.
    La Legge News
    Risulta da quanto precede che «equivalenti periodi di riposo compensativo» ai
    sensi dell'art. 17, nn. 2 e 3, della direttiva 93/104, per poter essere conformi sia a
    tali definizioni sia all'obiettivo di tale direttiva come precisato al punto 92 della
    presente sentenza, devono caratterizzarsi per il fatto che il lavoratore, durante tali
    periodi, non è soggetto, nei confronti del suo datore di lavoro, ad alcun obbligo che
    gli possa impedire di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri
    interessi al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla sicurezza e la salute
    dell'interessato. Inoltre periodi di riposo del genere devono essere immediatamente
    successivi all'orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno
    stato di fatica o di sovraccarico del lavoratore dovuti all'accumulo di periodi di
    lavoro consecutivi.
    95.
    Per poter garantire un'efficace tutela della sicurezza e della salute del lavoratore
    deve pertanto essere prevista, di regola, un'alternanza di un periodo di lavoro e di
    un periodo di riposo. Infatti, per potersi effettivamente riposare, il lavoratore deve
    beneficiare della possibilità di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un certo
    numero di ore che non solo devono essere consecutive ma anche venire subito dopo
    un periodo di lavoro, per consentire all'interessato di rilassarsi e di smaltire la fatica
    connessa all'esercizio delle proprie funzioni. Tale esigenza risulta ancor più
    necessaria quando, in deroga alla regola generale, l'orario di lavoro normale
    giornaliero è prolungato dallo svolgimento di un servizio di guardia.
    96.
    Per contro, una serie di periodi di lavoro svolti senza che, fra di essi, sia intercalato
    il tempo di riposo necessario può, eventualmente, provocare un danno al lavoratore
    o quantomeno rischia di oltrepassare le capacità fisiche di quest'ultimo, mettendo
    così in pericolo la sua salute e la sua sicurezza, per cui un periodo di riposo
    concesso dopo detti periodi non è in grado di garantire correttamente la protezione
    degli interessi in questione. Come constatato al punto 70 della presente sentenza,
    tale rischio è ancor più reale quando si tratta del servizio di guardia svolto da un
    medico presso un centro sanitario, a fortiori quando un servizio del genere si
    aggiunge all'orario di lavoro normale.
    97.
    Ciò premesso, l'orario di lavoro giornaliero che, a norma dell'art. 17 della direttiva
    93/104, gli Stati membri o le parti sociali possono prevedere di aumentare,
    riducendo la durata del riposo concesso al lavoratore nel corso di una data giornata
    di lavoro, in particolare nei servizi presso gli ospedali e gli stabilimenti analoghi, in
    linea di principio dev'essere compensato dalla concessione di analoghi periodi di
    riposo compensativo, costituiti da un numero di ore consecutive corrispondenti alla
    riduzione praticata e di cui il lavoratore deve beneficiare prima di cominciare il
    periodo lavorativo seguente. Come regola generale, il fatto di concedere periodi di
    riposo del genere solo «successivamente», senza più una diretta connessione con il
    periodo di lavoro prolungato dallo svolgimento di ore straordinarie, non tiene
    adeguatamente in considerazione la necessità di rispettare i principi generali di
    tutela di sicurezza e della salute dei lavoratori, i quali costituiscono il fondamento
    del sistema comunitario di organizzazione dell'orario di lavoro.
    La Legge News
    98.
    Infatti, solo in circostanze del tutto eccezionali l'art. 17 consente che al lavoratore
    possa essere concessa una «diversa protezione appropriata», quando la concessione
    di periodi equivalenti di riposo compensativo non è possibile per ragioni oggettive.
    99.
    Orbene, nel caso di specie, non si sostiene né si afferma affatto che una normativa
    come quella contestata nella causa principale può rientrare in uno di tali casi
    specifici.
    100.
    Per giunta, la riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive,
    autorizzata dalla direttiva 93/104 in talune circostanze e nel rispetto di varie
    condizioni, non può, in nessun caso, provocare il superamento della durata
    massima settimanale di lavoro, come fissata all'art. 6 della medesima direttiva,
    imponendo a un lavoratore di esercitare la sua attività per più di 48 ore in media,
    comprese le ore di straordinario, nel corso di ciascun periodo di sette giorni, anche
    se questo include servizi di guardia che comprendono periodi in cui il lavoratore,
    benché a disposizione sul luogo di lavoro, non svolge attività professionali
    effettive.
    101.
    Infatti, come rilevato al punto 83 della presente sentenza, l'art. 17 non consente di
    derogare all'art. 6 per attività come quelle in esame nella causa principale.
    102.
    Tenuto conto degli sviluppi che precedono, occorre concludere che disposizioni
    nazionali come quelle previste agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG
    non possono rientrare fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.
    103.
    Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la terza e la quarta questione
    dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che:
    - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno
    Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime
    della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente
    mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una
    compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il
    lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;
    - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto
    2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11
    ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma
    all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori
    interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo
    immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;
    La Legge News
    - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in
    nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro
    prevista all'art. 6 della detta direttiva.
    Sulle spese
    104.
    Le spese sostenute dai governi tedesco, danese, francese, dei Paesi Bassi e del
    Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla
    Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa
    principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al
    giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
    Per questi motivi,
    LA CORTE
    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesarbeitsgericht Schleswig-
    Holstein, con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo
    seguente, dichiara:
    1) La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni
    aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro va interpretata nel senso che
    un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il
    regime della presenza fisica in ospedale va considerato come rientrante
    interamente nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora
    all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in
    cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla
    normativa di uno Stato membro che qualifichi come periodi di riposo i periodi
    di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.
    2) La direttiva 93/104 va altresì interpretata nel senso che:
    - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di
    uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il
    regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire,
    eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un
    tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia
    durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;
    - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2,
    punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo
    giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di
    guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla
    condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di
    riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;
    - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in
    nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di
    lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.
    Rodríguez Iglesias
    Wathelet
    La Legge News
    Schintgen
    Timmermans
    Gulmann
    Edward
    Jann
    Skouris
    Macken
    Colneric
    von Bahr
    Cunha Rodrigues
    Rosas
    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2003.
    Il cancelliere
    Il presidente
    R. Grass
    G.C. Rodríguez Iglesias
    Lingua processuale: il tedesco.

    http://portal.lavoropa.it/system/files/Sen...ttembre2003.pdf
     
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    INTERROGAZIONE SCRITTA n. 67/99 dell'on. Esko SEPPÄNEN Direttiva UE sull'orario di lavoro

    Gazzetta ufficiale n. C 341 del 29/11/1999 pag. 0044


    INTERROGAZIONE SCRITTA E-0067/99

    di Esko Seppänen (GUE/NGL) alla Commissione

    (27 gennaio 1999)

    Oggetto: Direttiva UE sull'orario di lavoro

    Secondo quanto riferito in Finlandia, la direttiva sull'orario di lavoro adottata dall'Unione europea autorizza, per i conducenti di veicoli di emergenza, un orario di lavoro superiore alle dieci ore ininterrotte, il che, ovviamente, esclude i conducenti di tali veicoli dal campo di applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Può la Commissione pertanto far sapere se intende elaborare disposizioni atte a tutelare anche questa categoria di lavoratori da sforzi ininterrotti eccessivi?

    Risposta data dal sig. Kinnock a nome della Commissione

    (9 aprile 1999)

    La direttiva 93/104/CE(1) del Consiglio, del 23 novembre 1993, fissa i criteri minimi di sicurezza e sanità per l'organizzazione dell'orario di lavoro e si applica ai lavoratori che utilizzano veicoli di emergenza, ad esempio mezzi antincendio e ambulanze, nella misura in cui le caratteristiche specifiche di tali attività non entrano in conflitto con la legislazione in vigore. L'articolo 6 della direttiva stipula la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non deve superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. L'articolo 3 fissa un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive. In base alla direttiva è dunque possibile lavorare più di 10 ore al giorno, a condizione che la durata media settimanale dell'orario di lavoro non superi le 48 ore. L'articolo 4 della direttiva indica che ogni lavoratore ha diritto a una pausa se l'orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore.

    L'articolo 17, sezione 2.1, paragrafo c, capoverso iii, permette un'ulteriore flessibilità perché prevede - , a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo - deroghe per via legislativa, amministrativa o mediante contratti collettivi e accordi conclusi fra le parti sociali agli standard minimi nel caso di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile. All'interno del quadro di riferimento per la protezione sociale, la direttiva offre dunque una certa flessibilità.

    (1) GU L 307 del 13.12.1993.

    https://coeslazio.forumfree.it/?t=4542616#lastpost
    ------------------------------------------------------------
    16 NOVEMBRE 2010
    Corte di giustizia, durata massima dell’orario settimanale di lavoro, contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale , deroghe relative al riposo settimanale differito e al riposo compensativo . Effetto diretto e interpretazione conforme

    12
    SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    21 ottobre 2010 (*)

    «Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Agenti di polizia municipale – Direttiva 93/104/CE – Direttiva 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE – Direttiva 2003/88/CE – Artt. 5, 17 e 18 – Durata massima dell’orario settimanale di lavoro – Contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale – Deroghe relative al riposo settimanale differito e al riposo compensativo – Effetto diretto – Interpretazione conforme»

    Nel procedimento C‑227/09,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale ordinario di Torino, Sezione Lavoro, con decisione 3 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 22 giugno 2009, nella causa

    Antonino Accardo,

    Viola Acella,

    Antonio Acuto,

    Domenico Ambrisi,

    Paolo Battaglino,

    Riccardo Bevilacqua,

    Fabrizio Bolla,

    Daniela Bottazzi,

    Roberto Brossa,

    Luigi Calabro,

    Roberto Cammardella,

    Michelangelo Capaldi,

    Giorgio Castellaro,

    Davide Cauda,

    Tatiana Chiampo,

    Alessia Ciaravino,

    Alessandro Cicero,

    Paolo Curtabbi,

    Paolo Dabbene,

    Mauro D’Angelo,

    Giancarlo Destefanis,

    Mario Di Brita,

    Bianca Di Capua,

    Michele Di Chio,

    Marina Ferrero,

    Gino Forlani,

    Giovanni Galvagno,

    Sonia Genisio,

    Laura Dora Genovese,

    Sonia Gili,

    Maria Gualtieri,

    Gaetano La Spina,

    Maurizio Loggia,

    Giovanni Lucchetta,

    Sandra Magoga,

    Manuela Manfredi,

    Fabrizio Maschio,

    Sonia Mignone,

    Daniela Minissale,

    Domenico Mondello,

    Veronnica Mossa,

    Plinio Paduano,

    Barbaro Pallavidino,

    Monica Palumbo,

    Michele Paschetto,

    Frederica Peinetti,

    Nadia Pizzimenti,

    Gianluca Ponzo,

    Enrico Pozzato,

    Gaetano Puccio,

    Danilo Ranzani,

    Pergianni Risso,

    Luisa Rossi,

    Paola Sabia,

    Renzo Sangiano,

    Davide Scagno,

    Paola Settia,

    Raffaella Sottoriva,

    Rossana Trancuccio,

    Fulvia Varotto,

    Giampiero Zucca,

    Fabrizio Lacognata,

    Guido Mandia,

    Luigi Rigon,

    Daniele Sgavetti

    contro

    Comune di Torino,

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh (relatore) e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

    avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

    cancelliere: sig. M.‑A. Gaudissart, capo unità

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2010,

    considerate le osservazioni presentate:

    – per i sigg. Accardo e altri, dall’avv. R. Lamacchia;

    – per i sigg. Lacognata e altri, dall’avv. A. Grespan;

    – per il Comune di Torino, dagli avv.ti M. Li Volti, S. Tuccari e A. Melidoro;

    – per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra W. Ferrante e dal sig. L. Ventrella, avvocati dello Stato;

    – per il governo ceco, dai sigg. M. Smolek e D. Hadrouška, in qualità di agenti;

    – per la Commissione europea, dal sig. M. van Beek e dalla sig.ra C. Cattabriga, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 5, 17 e 18 della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18).

    2 La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone i sigg. Accardo e altri, nonché i sigg. Lacognata e altri, al Comune di Torino, in merito ad una domanda di risarcimento del danno che avrebbero subìto, negli anni 1998‑2007, a causa del mancato rispetto dei periodi di riposo settimanale di cui avrebbero dovuto beneficiare gli agenti di polizia municipale del Comune di Torino.

    Contesto normativo

    La normativa dell’Unione

    3 La direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), è la direttiva quadro che fissa i principi generali in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori. Tali principi sono stati successivamente sviluppati da una serie di direttive. Tra queste figurano, in particolare, la direttiva 93/104, la direttiva 93/104 come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE (GU L 195, pag. 41; in prosieguo: la «direttiva 93/104 modificata»), e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9) (in prosieguo, congiuntamente: le «direttive “orario di lavoro”»).

    4 L’art. 2 della direttiva 89/391 ne definisce l’ambito di applicazione come segue:

    «1. La presente direttiva concerne tutti i settori d’attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative, ecc.).

    2. La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo.

    In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate, tenendo conto degli obiettivi della presente direttiva».

    5 La direttiva 93/104 è stata modificata in un primo tempo con la direttiva 2000/34. La direttiva 2003/88 ha poi abrogato e sostituito codificandola, a decorrere dal 2 agosto 2004, la direttiva 93/104 modificata.

    6 Ai sensi dell’art. 1 delle direttive «orario di lavoro», rubricato «Oggetto e campo di applicazione»:

    «1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

    2. La presente direttiva si applica:

    a) ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro;

    e

    b) a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

    3. La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE, fermi restando (...)

    (…)

    4. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva».

    7 Sotto il titolo «Definizioni», l’art. 2 delle direttive «orario di lavoro» dispone quanto segue:

    «Ai sensi della presente direttiva si intende per:

    1) “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

    2) “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;

    (…)».

    8 Gli artt. 3‑7 delle direttive «orario di lavoro» stabiliscono i provvedimenti che gli Stati membri sono tenuti ad emanare affinché ogni lavoratore fruisca di periodi minimi di riposo giornaliero, di riposo settimanale nonché di ferie annuali retribuite. Essi disciplinano altresì le pause e la durata massima settimanale del lavoro.

    9 Ai sensi dell’art. 3 delle direttive «orario di lavoro», intitolato «Riposo giornaliero», «[g]li Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».

    10 Per quanto attiene al riposo settimanale, l’art. 5, primo comma, delle direttive «orario di lavoro» dispone che gli Stati membri «prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3». Dal citato art. 5 emerge altresì che se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, può essere fissato un periodo minimo di riposo di ventiquattro ore.

    11 L’art. 16 delle direttive «orario di lavoro» fissa, per l’applicazione dell’art. 5 delle medesime direttive, un periodo di riferimento non superiore a quattordici giorni.

    12 Le direttive «orario di lavoro» elencano una serie di deroghe a numerose regole di base da esse stabilite, tenendo conto delle particolarità di talune attività e con la riserva che ricorrano determinate condizioni.

    13 A questo proposito, l’art. 17 della direttiva 93/104 e della direttiva 93/104 modificata così dispone:

    «(...)

    2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

    2.1 agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:

    (...)

    b) per le attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

    c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

    (...)

    iii) (...) di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile;

    (...)

    3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

    Gli Stati membri in cui, giuridicamente, non esiste un sistema che garantisca la conclusione di contratti collettivi o di accordi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale, per i settori contemplati dalla presente direttiva, o gli Stati membri in cui esiste un quadro legislativo specifico a tal fine, e nei limiti di tale quadro, possono, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, consentire deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello collettivo adeguato.

    Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

    Gli Stati membri possono prevedere norme:

    – affinché il presente paragrafo sia applicato dalle parti sociali,

    e

    – affinché le disposizioni dei contratti collettivi o accordi conclusi in conformità del presente paragrafo siano estese ad altri lavoratori, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.

    (...)».

    14 Ai sensi dell’art. 18, n. 1, lett. a), della direttiva 93/104 e della direttiva 93/104 modificata, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 23 novembre 1996 o provvedere affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applicassero consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri dovevano prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti da detta direttiva.

    15 Come risulta al punto 5 della presente sentenza, la direttiva 93/104 modificata è stata abrogata e sostituita, a far data dal 2 agosto 2004, dalla direttiva 2003/88. Dal dettato del primo ‘considerando’ della direttiva 2003/88 risulta che essa è volta, per motivi di chiarezza, a codificare le disposizioni della direttiva 93/104 modificata. Infatti, il contenuto e la numerazione, segnatamente, degli artt. 1‑3, 5 e 16 sono riprodotti in modo identico nella direttiva 2003/88. I punti 2.1 e 2.2 del n. 2 dell’art. 17, della direttiva 93/104 modificata sono attualmente suddivisi tra i nn. 2 e 3 dell’art. 17 della direttiva 2003/88. Il n. 3 dell’art. 17 della direttiva 93/104 modificata è ripreso all’art. 18 della direttiva 2003/88.

    La normativa nazionale

    16 Dall’ordinanza di rinvio emerge che il periodo controverso nella causa principale, tra il 1998 e il 2007, è composto da tre fasi distinte per quanto riguarda la normativa nazionale applicabile.

    17 Anzitutto, sino al 29 aprile 2003, il diritto del lavoratore al riposo settimanale si fondava, da un lato, sull’art. 36, terzo comma, della Costituzione, a norma del quale «il lavoratore ha diritto al riposo settimanale (...) e non può rinunziarvi» e, dall’altro, sull’art. 2109, primo comma, del codice civile, in forza del quale «[i]l prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica». Dalle osservazioni scritte presentate alla Corte dai sigg. Accardo e altri emerge che queste due disposizioni sono state promulgate ben prima dell’adozione della direttiva 93/104.

    18 In seguito, dal 29 aprile 2003, data dell’entrata in vigore del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, recante attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (Supplemento ordinario alla GURI n. 87 del 14 aprile 2003; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 66/2003»), la disciplina generale del riposo settimanale si impernia sull’art. 9, n. 1, di detto decreto, che sancisce il diritto del lavoratore di fruire, ogni sette giorni, di un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7 del medesimo decreto. In forza dell’art. 9, n. 2, punto b), e dell’art. 17, n. 4, dello stesso decreto è possibile derogare a tale diritto mediante contratti collettivi, a condizione che siano assicurati periodi equivalenti di riposo compensativo.

    19 Infine, dal 1° settembre 2004, in conseguenza di una modifica disposta dall’art. 1, n. 1, lett. b), del decreto legislativo 19 luglio 2004, n. 213, recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio dell’orario di lavoro (GURI n. 192 del 17 agosto 2004; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 213/2004»), le disposizioni del decreto legislativo n. 66/2003 non sono più applicabili agli addetti al servizio di polizia municipale.

    20 Tanto prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 66/2003 quanto dopo l’adozione del decreto legislativo n. 213/2004, deroghe alla disciplina ordinaria del riposo settimanale, applicabili agli agenti di polizia municipale, erano previste in tre «contratti collettivi nazionali di lavoro» del comparto enti locali, i quali sono stati stipulati rispettivamente nel 1987, nel 2000 e nel 2001 (in prosieguo, congiuntamente: i «contratti collettivi di cui alla causa principale»). Ciascuno di essi prevedeva segnatamente, per il «dipendente che, per particolari esigenze di servizio», non usufruiva del riposo settimanale, un «diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro quindici giorni e comunque non oltre il bimestre successivo». Inoltre, il contratto collettivo sottoscritto nel corso del 1987 prevedeva per tali dipendenti una maggiorazione del 20% della loro retribuzione giornaliera ordinaria, mentre la corrispondente maggiorazione disposta dai contratti collettivi del 2000 e del 2001 era del 50%.

    21 Emerge dall’ordinanza di rinvio che i ricorrenti nella causa principale invocano gli artt. 1418 e 1419 del codice civile, i quali sanzionano con la nullità le clausole negoziali «contrari[e] a norme imperative», stabilendo nel contempo che tali clausole «sono sostituite di diritto [da] norme imperative».

    Causa principale e questioni pregiudiziali

    22 I ricorrenti nella causa principale sono agenti di polizia municipale del Comune di Torino, con un contratto di lavoro di 35 ore settimanali. Tra il 1998 e il 2007, erano adibiti a servizi organizzati su turni di lavoro che, una volta ogni cinque settimane, prevedevano lo svolgimento di sette giorni di lavoro consecutivi, seguiti, secondo la decisione di rinvio, da un periodo di riposo compensativo con la conseguenza che il periodo di riposo non sarebbe soppresso, ma solo differito.

    23 Tale sistema di turnazione ed il relativo differimento del riposo del settimo giorno della quinta settimana erano frutto di un accordo sindacale concluso il 2 luglio 1986 tra l’amministrazione comunale e i rappresentanti in sede territoriale delle maggiori organizzazioni sindacali italiane (in prosieguo: l’«accordo del 1986»).

    24 Con ricorso proposto davanti al giudice a quo, i ricorrenti nella causa principale convenivano in giudizio il Comune di Torino chiedendone la condanna al risarcimento del danno da usura psicofisica ad essi asseritamene procurato dal mancato rispetto del riposo settimanale, pur previsto dal diritto interno, dal momento che avrebbero lavorato per sette giorni consecutivi e beneficiato successivamente di un unico giorno di risposo in forma di riposo compensativo. A sostegno del loro ricorso affermano che, essendo l’art. 36, terzo comma, della Costituzione e l’art. 2109, primo comma, del codice civile imperativi, occorrerebbe considerare che, in mancanza di adeguate disposizioni di legge, le clausole pertinenti contenute nell’accordo del 1986 e nei contratti collettivi di cui alla causa principale sono illegittime.

    25 Il Comune di Torino ha replicato che, conformemente all’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104, le deroghe al riposo settimanale di cui all’art. 5 della direttiva 93/104 possono essere introdotte da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale a condizione che siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo ai lavoratori di cui trattasi.

    26 I ricorrenti nella causa principale contestano tuttavia sia l’effetto diretto dell’art. 17 della direttiva 93/104 prima dell’adozione del decreto legislativo n. 66/2003, sia l’applicabilità stessa del n. 3 di tale articolo agli agenti di polizia municipale. Tale settore non sarebbe infatti espressamente indicato nell’elenco contenuto all’art. 17, n. 2, punto 2.1, della direttiva 93/104 e quindi neppure beneficerebbe della facoltà di deroga prevista dal n. 3 della stessa disposizione. Quest’ultima facoltà sarebbe da considerarsi non come oggetto di una norma autonoma, ma come una semplice specificazione del citato art. 17, n. 2.

    27 Peraltro, secondo i ricorrenti nella causa principale, a seguito della modifica introdotta dal decreto legislativo n. 213/2004, il decreto legislativo n. 66/2003 nel suo complesso non sarebbe comunque più applicabile alla polizia municipale, il che comporterebbe l’inapplicabilità nei loro confronti dell’art. 17 della direttiva 93/104 e la rinnovata applicabilità degli artt. 36 della Costituzione e 2109 del codice civile.

    28 Il Tribunale ordinario di Torino, Sezione Lavoro, ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1) Se [gli artt. 5, 17 e 18 della direttiva 93/104] vadano interpretati nel senso della loro idoneità ad essere applicati direttamente nell’ordinamento [giuridico di uno] Stato [membro], indipendentemente dalla formale recezione ovvero a prescindere da norme interne che ne restringono l’applicabilità a determinate categorie professionali, in una controversia in cui [le parti sociali hanno firmato contratti collettivi conformi] a tale direttiva.

    2) Se sia comunque obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente da tale incidenza diretta, utilizzare una direttiva non ancora recepita [nell’ordinamento giuridico nazionale] o, dopo il recepimento, la cui operatività pare esclusa da norme interne, quale parametro interpretativo del diritto interno e cioè quale riferimento per sciogliere possibili dubbi esegetici.

    3) Se sia inibito al giudice dello Stato membro adottare una pronuncia di illegittimità di una condotta, con conseguente riconoscimento di risarcimento danni da fatto ingiusto ed illecito, quando tale condotta appaia autorizzata dalle parti sociali e tale autorizzazione sia coerente con il diritto comunitario, anche nella forma [di una] direttiva non [ancora] recepita [nel diritto nazionale].

    4) Se [l’art. 17, n. 3,] della direttiva [93/104] vada interpretato nel senso di consentire autonomamente e cioè in modo del tutto svincolato dal [n.] 2 e dall’elenco di attività e professioni ivi indicato, l’intervento delle parti sociali e l’introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema di riposo settimanale».

    Sulle questioni pregiudiziali

    29 A titolo preliminare, occorre ricordare che, se è vero che la decisione di rinvio riguarda esplicitamente solo la versione originale della direttiva 93/104, risulta tuttavia dal fascicolo che, durante il periodo considerato nella causa principale, le direttive «orario di lavoro» sono entrate successivamente in vigore. Pertanto, ai fini della risoluzione delle questioni pregiudiziali occorre eventualmente tener conto di tale circostanza.

    Sulla quarta questione

    30 Con la quarta questione, che va esaminata per prima, il giudice a quo intende in sostanza accertare se l’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104 sia autonomo rispetto al n. 2 dello stesso articolo, con la conseguenza che la circostanza che una professione non sia menzionata in detto n. 2 non impedirebbe che possa rientrare nella deroga prevista dall’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104.

    31 Come emerge in particolare dal punto 26 della presente sentenza, tale questione nasce dall’argomentazione dei ricorrenti nella causa principale secondo cui l’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104 non può essere letto o applicato separatamente dal n. 2 del medesimo articolo. Secondo questi ultimi, non è possibile interpretare l’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104 nel senso che esso consente deroghe più estese di quelle previste al n. 2 del medesimo articolo e, in tal modo, nel senso che stabilisce un sistema derogatorio autonomo e distinto.

    32 Tuttavia, un’argomentazione di siffatto tenore non può essere accolta.

    33 Infatti, come sostengono, in sostanza, il Comune di Torino, i governi italiano e ceco, nonché la Commissione europea, la struttura e il testo dell’art. 17 della direttiva 93/104 e della direttiva 93/104 modificata non contengono alcun elemento che induca a ritenere che l’ambito di applicazione del suo n. 3 sia condizionato da quello del suo n. 2.

    34 Inoltre, come rileva la Commissione, da un lato, questi ultimi numeri non operano alcun rinvio tra loro e, dall’altro lato, per ciascuna categoria di deroghe consentite, tali numeri ribadiscono le condizioni identiche alle quali è in ogni caso subordinata la possibilità di rinviare il riposo settimanale.

    35 Inoltre, come emerge dal punto 15 della presente sentenza, all’atto della codificazione effettuata mediante la direttiva 2003/88, il dettato dell’art. 17, n. 3, delle direttive 93/104 e 93/104 modificata è stato riprodotto in modo identico nel nuovo art. 18, mentre il contenuto dell’art. 17, n. 2, delle direttive 93/104 e 93/104 modificata è stato suddiviso tra i nn. 2 e 3 dell’art. 17 della direttiva 2003/88. Ne consegue che il legislatore dell’Unione ha considerato che i nn. 2 e 3 dell’art. 17 delle direttive 93/104 e 93/104 modificata potevano, o addirittura dovevano, essere letti in maniera distinta, permettendo in tal modo la loro separazione al momento dell’operazione di codificazione.

    36 Pertanto la quarta questione dev’essere risolta nel senso che l’art. 17, n. 3, delle direttive 93/104 e 93/104 modificata ha una portata autonoma rispetto al n. 2 di questo stesso articolo, cosicché la circostanza che una professione non sia menzionata in detto n. 2 non impedirebbe che essa possa rientrare nella deroga prevista all’art. 17, n. 3, delle direttive 93/104 e 93/104 modificata.

    Sulle prime tre questioni

    37 Come si ricava in particolare dall’ordinanza di rinvio, nella causa principale risulta pacifico che, per il periodo compreso tra il 29 aprile 2003 e il 29 agosto 2004, il decreto legislativo n. 66/2003 permetteva in linea di principio, in conformità con l’art. 17 delle direttive 93/104 e 93/104 modificata, di derogare, attraverso il contratto collettivo firmato nel corso del 2001, agli obblighi concernenti il periodo di riposo settimanale di cui agli artt. 36, terzo comma, della Costituzione e 2109, primo comma, del codice civile.

    38 Tuttavia, emerge altresì dall’ordinanza di rinvio che, al di fuori di quest’ultimo periodo, tali disposizioni della Costituzione e del codice civile possono ostare, trattandosi del diritto interno, a che il Comune di Torino possa validamente fondarsi per la sua difesa sui contratti collettivi di cui alla causa principale al fine di legittimare il sistema di lavoro per turni di cui alla causa principale che, in conformità dell’accordo del 1986, prevede segnatamente che venga differito il riposo del settimo giorno della quinta settimana.

    39 Come la Commissione ha rilevato nelle sue osservazioni scritte, le attività dei servizi di polizia municipale svolte in condizioni normali rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 89/391 e, attraverso il rinvio all’art. 2 di tale direttiva contenuto nell’art. 1, n. 3, delle direttive «orario di lavoro», nell’ambito di applicazione di queste ultime (v. per analogia, segnatamente, ordinanza 14 luglio 2005, causa C‑52/04, Personalrat der Feuerwehr Hamburg, Racc. pag. I‑7111, punti 51‑61 e giurisprudenza ivi citata).

    40 Dal fascicolo presentato alla Corte sembra risultare che gli artt. 36, terzo comma, della Costituzione e 2109, primo comma, del codice civile siano a priori idonei, purché applicati in particolare tenendo conto dei requisiti degli artt. 3 e 16 della direttiva 93/104, a costituire la trasposizione, nell’ordinamento giuridico italiano, dell’art. 5 delle direttive «orario di lavoro»; circostanza che deve essere, se necessario, accertata dal giudice del rinvio. In ogni caso, non è stato ipotizzato dinanzi alla Corte che tali disposizioni nazionali violino i requisiti di detto art. 5.

    41 Al contrario, se, nella decisione di rinvio, il giudice nazionale parte dalla premessa che il sistema di riposo settimanale previsto dall’accordo del 1986 è, in linea di principio, consentito dalle deroghe facoltative previste all’art. 17 delle direttive 93/104 e 93/104 modificata, oppure agli artt. 17 e 18 della direttiva 2003/88 (in prosieguo, congiuntamente: le «disposizioni derogatorie di cui è causa») – circostanza che detto giudice dovrà verificare – quest’ultimo si chiede se tale accordo nonché i contratti collettivi di cui alla causa principale possano derogare agli artt. 36, terzo comma, della Costituzione e 2109, primo comma, del codice civile.

    42 Pertanto, egli si interroga essenzialmente sulla possibilità di ricorrere, direttamente o indirettamente, alle disposizioni derogatorie di cui trattasi per superare eventuali ostacoli derivanti dal diritto interno all’applicazione dei contratti collettivi di cui alla causa principale.

    43 Pertanto, occorre intendere le prime tre questioni, che possono essere trattate congiuntamente, come dirette, in sostanza, a stabilire se le disposizioni derogatorie in questione siano tali da essere applicate direttamente a fatti come quelli di cui alla causa principale o se, in mancanza di siffatto effetto diretto, il giudice nazionale debba o possa interpretare le disposizioni di diritto interno di cui alla causa principale in modo da permettere una deroga al periodo di riposo settimanale previsto agli artt. 36, terzo comma, della Costituzione e 2109, primo comma, del codice civile.

    Sulla possibilità di un’applicazione diretta delle disposizioni derogatorie di cui trattasi

    44 Se è vero che la prima questione posta dal giudice del rinvio riguarda segnatamente l’art. 5 delle direttive «orario di lavoro», occorre rilevare che, come risulta in particolare dal punto 42 della presente sentenza, con tale questione, il giudice del rinvio intende anzitutto stabilire se il convenuto nella causa principale possa invocare le disposizioni derogatorie in esame direttamente contro i ricorrenti nella causa principale, per respingere i reclami che hanno dato origine a quest’ultima.

    45 Orbene, va ricordato in proposito che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 48; 14 luglio 1994, causa C‑91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I‑3325, punto 20; 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells, Racc. pag. I‑723, punto 56; 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I‑8835, punto 108, nonché 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46).

    46 Così, se le disposizioni derogatorie in esame non fossero validamente trasposte – circostanza che deve essere verificata dal giudice del rinvio - le autorità di uno Stato membro che non si avvale di tale facoltà non possono invocare l’omissione attuata da tale Stato per rifiutare a singoli, come i ricorrenti nella causa principale, il beneficio di un periodo di riposo settimanale che fosse, in linea di principio, con riserva delle verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare a tale proposito, conforme ai requisiti dell’art. 5 delle direttive «orario di lavoro» (v., per analogia, sentenza 17 luglio 2008, causa C‑226/07, Flughafen Köln/Bonn, Racc. pag. I‑5999, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

    47 Ne consegue che, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, le disposizioni derogatorie di cui trattasi non possono essere invocate direttamente nei confronti dei singoli, quali i ricorrenti nella causa principale.

    Sull’obbligo o sulla facoltà di un’interpretazione conforme del diritto interno

    48 Come emerge dall’ordinanza di rinvio, con la seconda e la terza questione il Tribunale ordinario di Torino, Sezione Lavoro, si chiede se non occorra cionondimeno interpretare il diritto interno alla luce delle disposizioni derogatorie in esame, per stabilire se il Comune di Torino potrebbe validamente avvalersi dei contratti collettivi di cui alla causa principale per derogare ai requisiti degli artt. 36, terzo comma, della Costituzione e 2109, primo comma, del codice civile.

    49 A questo proposito, è vero che l’obbligo per gli Stati membri, derivante da una direttiva, di raggiungere il risultato previsto da quest’ultima, e il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi di detti Stati, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (v., in particolare, sentenze 10 aprile 1984, causa 14/83, von Colson et Kamann, Racc. pag. 1891, punto 26, nonché Kücükdeveci, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

    50 Tuttavia, l’esistenza di un obbligo derivante dalle direttive «orario di lavoro» di interpretare il diritto interno al fine di privilegiare l’applicazione dei contratti collettivi che derogano alle norme che hanno trasposto l’art. 5 di tale direttiva deve essere esclusa.

    51 Infatti, poiché le deroghe previste dalle disposizioni derogatorie di cui trattasi sono facoltative, il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri di attuarle nel diritto nazionale. Per poter beneficiare della facoltà prevista da tali disposizioni di derogare, in talune circostanze, ai requisiti, in particolare, dell’art. 5 delle direttive «orario di lavoro», gli Stati membri sono tenuti ad operare la scelta di avvalersene (v., per analogia, sentenza 4 giugno 2009, causa C‑102/08, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft, Racc. pag. I‑4629, punti 51, 52 e 55).

    52 A tale proposito, compete agli Stati membri optare per la tecnica normativa che reputino più appropriata (v., per analogia, sentenza SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft, cit., punto 56), tenendo presente che, secondo il disposto delle disposizioni derogatorie di cui trattasi, siffatte deroghe possono essere effettuate in particolare attraverso contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali.

    53 Le direttive «orario di lavoro» in quanto tali non possono essere interpretate nel senso che ostano all’applicabilità di contratti collettivi del tipo di quelli di cui alla causa principale, o al contrario nel senso che impongono, nonostante altre disposizioni pertinenti di diritto interno, una tale applicabilità.

    54 In tali condizioni, la questione se il Comune di Torino possa validamente fondarsi, nella causa principale, sull’accordo del 1986 nonché sui contratti collettivi di cui alla causa principale diventa anzitutto una questione che il giudice del rinvio deve risolvere conformemente alle regole del diritto interno (v., per analogia, sentenza 3 ottobre 2000, causa C‑303/98, Simap, Racc. pag. I‑7963, punti 55‑57).

    55 Occorre tuttavia rilevare che, quando il diritto dell’Unione lascia agli Stati membri la facoltà di derogare a talune disposizioni di una direttiva, questi sono tenuti ad esercitare il proprio potere discrezionale nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, tra cui va annoverato il principio della certezza del diritto. A tal fine le disposizioni che consentono deroghe facoltative ai principi posti da una direttiva devono essere attuate con la precisione e la chiarezza necessarie per poter soddisfare i requisiti derivanti da detto principio.

    56 In tale contesto, il giudice del rinvio sarà confrontato a due alternative: o i contratti collettivi di cui alla causa principale non rispondono al principio generale di certezza del diritto e ai requisiti posti dal diritto interno per attuare validamente le disposizioni derogatorie di cui trattasi, o tali contratti collettivi costituiscono l’attuazione, in conformità del diritto italiano e nel rispetto del principio generale della certezza del diritto, delle deroghe ammesse a tali disposizioni dell’Unione.

    57 Nella prima ipotesi, come ha sostenuto il governo ceco e come risulta dalla giurisprudenza menzionata al punto 45 della presente sentenza, se il diritto interno italiano osta all’applicazione dell’accordo del 1986 e dei contratti collettivi di cui trattasi nella causa principale, le direttive «orario di lavoro» non possono, da sole, essere invocate nei confronti dei singoli al fine di assicurare tale applicazione (v. altresì, per analogia, sentenze 11 giugno 1987, causa 14/86, Pretore di Salò/X, Racc. pag. 2545, punti 19 e 20; 3 maggio 2005, cause riunite C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, Berlusconi e a., Racc. pag. I‑3565, punti 73 e 74, nonché 5 luglio 2007, causa C‑321/05, Kofoed, Racc. pag. I‑5795, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    58 Nella seconda delle ipotesi evocate al punto 56 della presente sentenza, le direttive «orario di lavoro» non osterebbero neppure, sotto questo aspetto, ad un’interpretazione del diritto interno che consenta il ricorso da parte del Comune di Torino ai contratti collettivi di cui alla causa principale, purché le disposizioni pertinenti di tali contratti rispettino pienamente le condizioni poste alle disposizioni derogatorie in esame, elemento quest’ultimo che dovrà essere accertato dal giudice del rinvio. A tale proposito occorre rammentare che, in quanto eccezioni al sistema comunitario in materia di organizzazione dell’orario di lavoro attuato dalla direttiva 93/104, le disposizioni derogatorie di cui è causa devono essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che tali deroghe permettono di proteggere (v. sentenza 9 settembre 2003, causa C‑151/02, Jaeger, Racc. pag. I‑8389, punto 89).

    59 In considerazione di quanto precede, occorre risolvere le prime tre questioni dichiarando che, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, le disposizioni derogatorie di cui trattasi non possono essere invocate contro singoli come i ricorrenti nella causa principale. Inoltre, tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso che consentono oppure vietano di applicare contratti collettivi come quelli di cui alla causa principale, poiché l’applicazione di questi ultimi dipende dal diritto interno.

    Sulle spese

    60 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

    1) L’art. 17, n. 3, della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, tanto nella versione originale quanto in quella modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE, ha una portata autonoma rispetto al n. 2 di questo stesso articolo, cosicché la circostanza che una professione non sia menzionata in detto n. 2 non impedirebbe che essa possa rientrare nella deroga prevista all’art. 17, n. 3, della direttiva 93/104, nelle due versioni summenzionate.

    2) In circostanze come quelle di cui alla causa principale, le deroghe facoltative previste dall’art. 17 delle direttive 93/104 e 93/104 come modificata dalla direttiva 2000/34 nonché, eventualmente, dagli artt. 17 e/o 18 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, non possono essere invocate contro singoli come i ricorrenti nella causa principale. Inoltre, tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso che consentono oppure vietano di applicare contratti collettivi come quelli di cui alla causa principale, poiché l’applicazione di questi ultimi dipende dal diritto interno.

    www.costituzionalismo.it/notizie/523/
     
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