Commette reato la guardia medica che rifiuta la visita

Penale Sent. Sez. 6 Num. 34535 Anno 2019

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    SENTENZA
    sul ricorso proposto da
    XXXXXXXXXXXXXXXX
    avverso la sentenza del 06/06/2016 della Corte di appello di Brescia;

    visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

    udita in camera di consiglio la relazione svolta dal Consigliere xxxxxx;
    sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
    xxxxxxx che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
    udito il difensore della p.c., avv. xxxxx, in difesa della p.c. xxxxxx
    quale legale rappresentante della soc. xxxxxx, che chiede il rigetto del
    ricorso come da conclusioni scritte che deposita con la nota spese.

    RITENUTO IN FATTO
    1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 06/06/2016,
    confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo in data 13/04/2016
    nei confronti di xxxxxx che era stato condannato alla pena di mesi quattro
    di reclusione per il reato di cui all'art. 328 cod. pen. perché in qualità di medico

    Penale Sent. Sez. 6 Num. 34535 Anno 2019
    Presidente: xxxxxx
    Relatore: xxxxxx
    Data Udienza: 08/01/2019
    Corte di Cassazione - copia non ufficiale

    addetto al servizio di continuità assistenziale presso la ASL di Bergamo Distretto
    Valle Brendana, indebitamente rifiutava atti del suo ufficio che per ragioni di
    igiene e sanità dovevano essere compiuti senza ritardo. Il sanitario non era
    intervenuto presso l'Hotel xxxxxx di Foppolo (Bergamo) dove era stato
    chiamato con urgenza dall'albergatore, poiché sei ragazzi di circa dieci anni di
    nazionalità inglese in vacanza presso il detto hotel, avevano accusato malesseri
    fisici come vomito ed attacchi di dissenteria.

    Già il giudice di primo grado aveva configurato come reato il comportamento
    omissivo del dott. xxxxxx, perché durante la notte tra il 19 ed il 20 febbraio 2015 il
    dottore, di turno alla guardia medica, si era intrattenuto al telefono per circa
    quindici minuti con l'albergatore ponendo numerose domande, talvolta
    vanamente ripetute, esprimendo commenti, senza accogliere l'invito
    dell'albergatore a recarsi urgentemente presso l'hotel per visitare i bambini che
    manifestavano nausea e vomito, al pari di due professori che li
    accompagnavano.

    L'imputato aveva opposto un profilo di discrezionalità tecnica nel formulare
    le domande per avviare una diagnosi, e stabilire se la sua presenza in albergo
    poteva essere indispensabile. Tuttavia, l'albergatore, spazientito, si era poi
    rivolto al servizio di emergenza del 118 che era intervenuto tempestivamente.
    L'intervento succedaneo del servizio del 118 evidenziava "la plateale violazione
    degli obblighi cui era tenuto il medico di turno".

    La Corte di appello aveva sottolineato che la durata della conversazione si
    era protratta per 13 minuti e 26 secondi e l'imputato, aveva inizialmente opposto
    un netto rifiuto, ritenendo di non dovere effettuare la visita domiciliare per il solo
    vomito dei pazienti. In concreto, non avrebbe rivolto alcuna domanda specifica
    per indagare e approfondire le condizioni dei giovanissimi pazienti, tanto che
    l'albergatore, preso atto della inconcludenza della conversazione, interrompeva
    la chiamata e si rivolgeva al servizio del 118.

    La difesa del medico ha sostenuto che, successivamente, l'imputato si
    sarebbe recato presso l'hotel xxxxx di Foppolo per valutare di persona lo stato
    di salute dei bambini, constatando che era già intervenuto il 118 e, pertanto,
    sarebbe andato via; tuttavia, rileva la Corte che la circostanza è rimasta del tutto
    priva di prova.

    Osserva il giudice di appello, che quand'anche non vi fosse stato pericolo di
    vita, ciò non esclude la sussistenza dell'obbligo di eseguire la visita richiesta,
    considerata la preoccupante situazione che era stata esposta dal titolare
    dell'albergo: si trattava di otto pazienti di cui sei bambini che continuavano a
    vomitare e che si trovavano in un albergo piuttosto lontano dal più vicino Pronto
    Soccorso e per i quali non sarebbe stata sicuramente sufficiente una diagnosi per

    telefono, richiedendosi la visita anche per escludere il pericolo di una rapida
    epidemia all'interno della comitiva.
    Venivano negate altresì le circostanze attenuanti generiche ed anche la
    richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena
    pecuniaria poiché le condizioni economiche dell'imputato inducevano a ritenere
    che la sola pena pecuniaria avrebbe avuto scarsa efficacia afflittiva ed anche
    tenuto conto della gravità del fatto, trattandosi di delitto contro la pubblica
    amministrazione commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni e
    in danno di "persone appartenenti a fascia debole".

    2. Ricorre per cassazione xxxxxx per il tramite del proprio difensore di
    fiducia deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari
    per la motivazione ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
    1) manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per travisamento
    del fatto con riguardo al contenuto della conversazione telefonica tra
    l'albergatore e l'imputato.

    La difesa ricorda che è in atti la trascrizione della telefonata ricevuta alle ore
    00.50 del 20/02/2015 dal dott. xxxxxxxx, medico di turno notturno di
    continuità assistenziale presso la postazione di Piazza xxxxx. E mentre la
    Corte di appello ha valutato che tale conversazione dimostrava il sostanziale
    rifiuto del sanitario a recarsi nella località dell'albergo per fornire l'assistenza
    medica richiesta, la difesa ritiene che la motivazione della Corte di appello sia
    manifestamente illogica, poichè i giudici di merito non hanno tenuto conto che, a
    tenore della telefonata intercorsa, il dottore xxxxx avrebbe più volte espresso la
    disponibilità ad eseguire la visita. Il travisamento della prova è dato dalla
    circostanza che in 13 minuti e 26 secondo di conversazione la Corte di merito ha
    ritenuto realizzarsi il "sostanziale rifiuto del sanitario" mentre, secondo la difesa,
    si sarebbe trattato di un tempo necessario per acquisire informazione onde
    determinarsi sul contegno da assumere. Quanto alla circostanza riferita
    dall'imputato che comunque lo stesso si era recato presso l'albergo ed era
    tornato indietro avendo visto che era intervenuto il servizio del 118, essa
    risulterebbe dalla verbalizzazione effettuata il 20/02/2015 dallo stesso dott. xxxxx
    sul registro della postazione di continuità assistenziale di Piazza Brembano che
    costituisce, secondo la difesa, documento di carattere medico-legale.
    L'annotazione nel registro è stata compiuta di pugno del dottore ed è l'unico
    elemento addotto dall'imputato per dimostrare che si era recato nel luogo.

    2) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 328 cod. pen., vizio di
    motivazione sulla ritenuta natura indebita del diniego.

    La Corte non avrebbe affrontato un punto cruciale e risolutivo della vicenda
    processuale costituito "dall'apprezzamento sulla obbligatorietà e indifferibilità
    dell'atto che si impone al pubblico ufficiale ove questi disponga di uno spazio di
    discrezionalità scientifica per valutare l'opportunità o la necessità di compiere
    l'atto di ufficio". La Corte non avrebbe valutato gli elementi probatori riguardanti
    gli elementi costitutivi del reato: la preoccupante situazione era stata prospettata
    dall'albergatore, ma il dott. xxxx aveva valutato il "tono inutilmente allarmato,
    l'enfasi delle espressioni e l'atteggiamento suggestionato dell'interlocutore". Il
    dott. xxxxx aveva valutato che i malesseri di nausea e vomito non costituivano
    un'emergenza di natura oggettiva e la situazione lasciava al medico "margini di
    valutazione discrezionale circa la necessità di un intervento immediato tale da
    escludere la ricorrenza dell'atto dovuto". Sussiste invero il reato di omissione di
    atti di ufficio solo quando sia comprovato che l'urgenza prospettata dal paziente
    era effettiva e reale, rimanendo al sanitario uno spazio di discrezionalità tecnica
    allo stesso attribuito.

    3) nullità della sentenza per omessa pronuncia o insussistenza di
    motivazione in ordine alla configurabilità dell'elemento psicologico del delitto.
    Affinchè possa ritenersi integrata la fattispecie dell'art. 328 deve essere
    accertata tanto la consapevolezza dell'impellente necessità del compimento
    dell'atto, quanto il volontario, indebito rifiuto di attivarsi da parte dell'agente.
    L'autore del fatto deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento
    "contra ius". Il ricorrente a sua giustificazione adduce di avere valutato che la
    situazione come riferito dall'albergatore non fosse grave ed urgente tale da
    imporre il suo tempestivo e improcrastinabile intervento in loco. I giudici di
    appello non hanno svolto un'analisi approfondita degli elementi costitutivi del
    reato.

    4) mancata applicazione dell'art. 131 bis cod. pen. Si tratta di un motivo già
    proposto innanzi il giudice di primo grado e del pari respinto in appello. Il
    ricorrente deduce l'insussistenza di una situazione di emergenza, l'assenza di un
    pregiudizio irreparabile per i pazienti, tanto che anche il successivo controllo del
    118 aveva evidenziato semplici disturbi gastrointestinali, l'esigenza di non
    lasciare il posto di servizio scoperto, il successivo (asserito) sopralluogo presso
    l'hotel da cui però l'imputato si sarebbe allontanato avendo constatato la
    presenza di operatori sanitari del 118, l'insussistenza dell'elemento soggettivo
    del reato non essendo ravvisabile in capo al dott. xxxxx la consapevolezza e
    volontà di rifiutare indebitamente un atto del suo ufficio;

    5) mancanza di motivazione in relazione al diniego delle circostanze
    attenuanti generiche e della richiesta di conversione della pena detentiva nella
    corrispondente pena pecuniaria, poiché non sono stati addotti elementi da cui
    desumere il percorso logico che ha condotto al rigetto di entrambe le richieste
    sopra formulate.

    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. La sentenza impugnata risulta del tutto immune dai vizi denunciati dal
    ricorrente ed i motivi proposti devono essere riconosciuti palesemente infondati o
    indeducibili in questa sede.

    2. Quanto al primo motivo, alla stregua della ricostruzione fattuale della
    vicenda, operata dai giudici di merito, come sopra sintetizzata, correttamente
    sono stati ravvisati nella condotta del prevenuto gli estremi integrativi del reato
    di cui all'art. 328 comma 1 cod. pen., il quale punisce, tra l'altro, il rifiuto di un
    atto dovuto per ragioni di sanità, allorché questo debba essere compiuto senza
    ritardo. È rimasto storicamente accertato che l'imputato, medico di turno di notte
    presso la postazione di Piazzaxxxxx, richiesto dall'albergatore xxxxx di
    intervenire presso il proprio albergo, non ebbe a recarsi all'hotel Cristallo di
    Foppolo (BG) per visitare otto soggetti, ivi ospitati, di cui sei bambini stranieri,
    che accusavano malesseri.

    Non risultano elementi di riscontro dell'attestazione, dal sanitario redatta,
    secondo cui lo stesso aveva annotato di avere deciso comunque di recarsi
    all'albergo per valutare lo stato di salute dei pazienti.

    Al suo arrivo alle ore 2.05, avendo preso atto della presenza di ambulanze ed auto medica, sarebbe tornato
    indietro; tuttavia non risulta che alcuno lo abbia incontrato o che l'imputato si sia
    fatto vedere per comprovare la sua presenza presso l'albergo dal quale era stato
    chiamato. Le deduzioni sviluppate nel primo motivo si risolvono in una
    ricostruzione alternativa dei fatti che entra inammissibilmente nel merito delle
    valutazioni discrezionali della Corte di appello, convergenti con quelle del Giudice
    di primo grado, e sviluppate, senza incorrere in fallace logiche, sulla base di
    massime di esperienza plausibili e pertinenti al caso in esame.

    3. Nella specie, l'obbligo del xxxxx di effettuare la visita domiciliare richiestagli, trova la sua fonte normativa nel d.P.R. n. 41 del 1991, il quale, all'art. 13, dispone che il medico che effettua il servizio di guardia deve rimanere a disposizione "per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti" e, durante il turno di guardia, "è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti".
    Orbene, è vero che, in linea di principio, non può negarsi al sanitario il compito di valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente. È anche vero, tuttavia, che una tale discrezionalità può essere sindacata dal giudice, alla luce degli elementi acquisiti agli atti e sottoposti al suo esame, onde accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata, oppure se la stessa costituisca un mero pretesto per giustificare l'inadempimento dei propri doveri (Sez. 6, n.12143 del 11/02/2009, Rv. 242922-01; Sez. 6, n. 20056 del 07/04/2008, Rv. 240070-01)
    .


    Secondo la giurisprudenza di legittimità, integra il delitto di rifiuto di atti d'ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente nella persuasione a priori della "enfatizzazione" dei sintomi denunciati dal paziente, posto che l'esercizio del potere-dovere di valutare la necessità della visita sulla base della sintomatologia esposta, sicuramente spettante al professionista, è comunque sindacabile da parte del giudice al fine di accertare se esso non trasmodi nell'assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili (Sez. 6, n. 23817 del 30/10/2012, Rv. 255715-01). Il primo motivo è dunque privo di qualsivoglia fondamento giuridico e va dichiarato inammissibile.

    4. Con riguardo al secondo motivo, la Corte di Appello, nel disattendere le
    argomentazioni difensive volte a sostenere la legittimità della scelta
    dell'imputato di non effettuare la visita domiciliare richiestagli, ha ritenuto che
    durante la lunga telefonata protrattasi per oltre tredici minuti, il medico di turno
    "non aveva formulato alcuna domanda specifica" riguardante le condizioni dei
    bambini che avvertivano malesseri e, certamente, la pluralità dei soggetti
    indisposti, la giovane età, l'essere ospitati in Italia in assenza dei genitori e senza
    conoscere la lingua, dovevano imporre al medico di recarsi presso l'albergo per
    constatare di persona la presenza di patologie anche temporanee, a carico dei
    giovani pazienti.

    Il dott. xxxxx, invece, ha valutato, insindacabilmente, che i malesseri di
    nausea e vomito "non costituivano un'emergenza di natura oggettiva"
    sostenendo che l'interlocutore aveva tenuto "un tono inutilmente suggestionato
    ed allarmato". Si tratta ancora una volta di una ricostruzione alternativa in fatto,
    proposta dal ricorrente, già respinta dai giudici di merito, in contrasto con
    l'orientamento giurisprudenziale sopra riportato e, come tale, inammissibile.

    5. Con il terzo motivo si deduce l'assenza dell'elemento psicologico del reato
    di cui all'art. 328 cod. pen. sul presupposto che il ricorrente abbia agito in
    buona fede e nella convinzione dell'inesistenza di ragioni di urgenza che gli
    imponessero di effettuare una visita all'albergo dei soggetti in stato di malessere.
    Con pieno fondamento, ambedue le decisioni di merito hanno individuato nel
    singolare modo di procedere del sanitario, le condizioni integrative della
    contestata fattispecie di rifiuto di un doveroso atto di ufficio. Soluzione, per altro,
    perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte regolatrice in
    casistiche affatto omologhe a quella in esame. La fattispecie integra un reato di
    pericolo che si perfeziona ogni volta in cui sia denegato un atto non ritardabile e
    dovuto in rapporto alla specifica qualità del pubblico ufficiale agente (ex plurimis:
    Sez. 6, n. 34471 del 15.5.2007 Rv. 237795; Sez. 6, n. 35324 del 28.5.2008, Rv.
    241250).

    In tale ultima prospettiva le professioni di buona fede addotte dal ricorrente
    si mostrano, oltre che non dirimenti proprio rispetto alla natura di reato di
    pericolo della fattispecie ascrittagli, implausibili sul piano della ricostruzione
    dell'elemento soggettivo del reato, avuto riguardo all'insuperabile dato
    probatorio riveniente nel tempestivo intervento del servizio del 118 (nella stessa
    situazione sottoposta al medico di turno) e fipl tentativo di rabberciare un
    supposto postumo sopralluogo non documentato (se non con una personale
    autocertificazione di intervento di fatto non effettuato)
    . È invero singolare e
    contraddittoria la ricostruzione del profilo psicologico offerta dal medico: da un
    lato ritiene che non esistono le ragioni di urgenza per intervenire, dall'altro con
    un ripensamento successivo, si sarebbe diretto all'albergo per constatare che
    altri al posto suo erano sopraggiunti con maggiore tempestività, senza
    personalmente sincerarsi della situazione che gli era stata descritta
    (ritenuta
    dall'imputato particolarmente "enfatizzata"), evitando accuratamente di farsi
    vedere: si tratta di elementi, già messi in luce dai giudici di merito, che
    escludono integralmente la addotta buona fede del ricorrente. Anche questo
    motivo non trova fondamento nella realtà processuale descritta nelle pronunce di
    merito.

    6. Con il quarto motivo si insiste nella richiesta di applicazione dell'art. 131
    bis cod. pen.. Rimane tuttavia generico il motivo di impugnazione a fronte della
    mancanza di elementi di segno positivo da valorizzare di fronte alla gravità del
    fatto desunto dall'entità del pericolo, mostrando i giudici di merito di avere
    valutato, in termini di offensività, le concrete modalità della condotta e la
    esposizione a pericolo che essa ha comportato, che, per consentire la
    meritevolezza della esclusione dalla punibilità, deve connotarsi come di
    particolare tenuità, rispetto al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice
    (nella specie, reato contro la pubblica amministrazione).

    7. Con il quinto motivo si censura la mancata applicazione delle circostanze
    attenuanti generiche ed il mancato accoglimento della richiesta di conversione
    della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
    Anche con riferimento alla considerazione delle "condizioni economiche
    dell'imputato che avrebbero scarsa efficacia afflittiva e che la sola pena
    pecuniaria sarebbe certamente inadeguata alla gravità del fatto", la difesa non
    contrappone validi elementi da prendere in considerazione per un giudizio
    diverso. Giova, sul tema, ricordare la pronuncia della Corte di Cassazione a
    Sezioni Unite (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010, Rv. 247274); in tale pronuncia,
    la Corte ha chiaramente affermato che la ratio delle pene sostitutive ha natura
    premiale e che il giudice, nell'esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le
    pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la
    semidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati
    nell'art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle "condizioni di vita
    individuale, familiare e sociale dell'imputato". A tale principio si è attenuto il
    giudice dell'impugnazione così soddisfacendo l'onere di motivazione impostogli.

    L'ultimo motivo si appalesa dunque aspecifico.
    Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art.
    616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle
    spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo
    determinare in 2.000,00 euro.

    P.Q.M.
    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
    spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
    ammende.

    Così deciso il 0/(2019

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