Contenzione e vincolo del paziente psichiatrico in barella

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 11446 Anno 2017

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    Contenzione e vincolo del paziente psichiatrico in barella - Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 11446 Anno 2017

    Rigetto dell'accusa di Lesioni colpose per non aver vincolato il paziente psichiatrico (gia ammanettato) alla barella nonostante fosse controllato a vista... dal personale sanitario e forze dell'ordine.

    RITENUTO IN FATTO

    1. A seguito di impugnazione della parte civile, la Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia assolutoria resa dal Tribunale di Lodi nei confronti di C******a, P*********a, G*******a, B***********o e C*********a in relazione al reato di lesioni colpose subite da R***** Danilo. Secondo l'ipotesi accusatoria i detti imputati, nelle rispettive qualità, non avevano adottato le opportune e necessarie cautele preventive atte ad impedire che il R*****, affetto da una patologia di tipo psichiatrico, al momento del trasferimento in ambulanza dall'Ospedale di P********a a quello di Codogno, sfuggendo ad ogni controllo perché non vincolato alla barella ma solo ammanettato, corresse verso un muretto e cadesse da un'altezza di circa tre metri riportando gravi fratture, da cui erano residuati postumi permanenti.
    Di tale fatto erano stati chiamati a rispondere la C*********, quale medico del pronto Soccorso dell'Ospedale di P********a in servizio al momento della dimissione di R***** Danilo; la P*********, psichiatra del reparto di Psichiatria dell'Ospedale di Piacenza che lo aveva sottoposto a visita; la G*****, medico psichiatra curante in servizio presso il C.S.M. della A.S.L. di Pi********a, intervenuta per praticare una iniezione di sedativo al paziente, che rifiutava altre cure; B*******i, quale carabiniere, incaricato unitamente a N*******o, poi deceduto, e alla C*******i, infermiera dell'Ospedale di P*******a, di sorvegliare il R***** durante il trasporto all'Ospedale di Codogno.
    I giudici di merito avevano ritenuto che si era trattato di un atto imprevedibile e repentino del R*****, che durante il trasporto in ambulanza, dopo la somministrazione del sedativo, si era dimostrato tranquillo ed aveva accettato di essere trasferito in una diversa struttura ospedaliera.

    2. Ha proposto ricorso per cassazione la parte civile, tramite il difensore e procuratore speciale, lamentando con due motivi riferiti, il primo ai medici, ed il secondo agli altri due imputati, erronea applicazione di legge e contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla esclusione della colpa, in quanto la condotta doverosa omessa, ovvero il vincolo del paziente alla barella, avrebbe impedito l'evento, evento che non era affatto imprevedibile posto che il R****i era stato ricoverato in regime di T.S.O. proprio perché si era ripetutamente gettato contro automobili in movimento ed aveva manifestato l'intento di buttarsi giù dal ponte sul Trebbia.
    Chiede quindi l'annullamento della sentenza con rinvio alla Corte d'Appello in sede
    civile.

    3. P******* e C*******a hanno depositato memorie volte al rigetto del ricorso.


    La P****** considera ineccepibili le conclusioni dei giudici di merito, sul rilievo che, secondo i canoni della scienza psichiatrica ed in base ai dati clinici e fattuali conosciuti o conoscibili dai medici psichiatri dell'Ospedale di Piacenza, non vi era alcun elemento che imponesse come obbligatorio in contenimento alla barella e facesse ritenere inadeguata la metodologia contenitiva delle manette, anche perché il paziente, dopo l'intervento della dott. G******i e la praticata iniezione di sedativo, si era mostrato calmo e d'accordo ad essere portato in ambulanza presso altra vicina struttura sanitaria. La C*****o, medico di pronto soccorso, deduce di aver osservato tutte le regole alle quali era tenuta, poiché dopo aver chiesto la consulenza psichiatrica, si era attenuta, e non poteva fare altrimenti, alla decisione della dott. P***** e della dott. G***** nel senso di un trasferimento del R**** in manette ma non vincolato alla barella.


    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso non merita di essere accolto.

    2. La parte civile ripropone con l'odierno ricorso le censure che avevano già formato oggetto dei motivi di appello e che la Corte di Milano ha disatteso con corretta e completa motivazione.
    Ha rilevato infatti che al momento in cui era giunto presso l'Ospedale di P******a, il R***** si trovava effettivamente in uno stato di agitazione, che lo avrebbe reso pericoloso per sé e per gli altri, tanto che la psichiatra P******, aveva prescritto il vincolo alla barella durante il trasporto in ambulanza all'ospedale di Codogno. La situazione si era però modificata dopo l'intervento della G*******, che aveva provveduto a tranquillizzare ed a praticare un sedativo al paziente, che si era calmato e non aveva dato più segni di particolare insofferenza. Di qui la decisione, al momento corretta rispetto alla situazione del R*****i, di ritenere sufficiente l'impiego delle manette come mezzo di contenzione e di evitare la costrizione alla barella, strumento sicuramente molto più invasivo.

    Nella sentenza si dà atto che anche durante il trasporto in ambulanza il paziente era rimasto tranquillo e pertanto nulla lasciava ragionevolmente prevedere che appena sceso dalla barella si lanciasse repentinamente ed improvvisamente verso il basso muretto, sfuggendo al controllo dei carabinieri, che non riuscivano a fermarlo e ad evitarne la caduta.

    La vicenda è stata esposta dai giudici di merito in tutto il suo svolgimento in maniera attenta e puntuale, con riferimento ai due momenti temporali - prima e dopo il trasferimento del paziente in ambulanza - ed alle singole posizioni di garanzia. Immune da vizi logici e giuridici appare lo sviluppo argomentativo dell'impugnata sentenza, laddove, nell'operare il giudizio controfattuale con ragionamento ex ante, si é evidenziato: che la prescrizione di vincolare il paziente alla barella non era obbligatoria, bensì uno dei sistemi di contenzione da adottare in base alla valutazione dei sanitari; che nel caso specifico i medici avevano verificato che il paziente era stato sedato ed ammanettato ed inoltre, ulteriore elemento tranquillizzante, era la presenza durante il breve tragitto di trasferimento, di carabinieri e di un'infermiera; che questi ultimi avevano ottemperato ai compiti loro affidati, sia perché nulla faceva ritenere l'intenzione del R**** di fuggire, sia perché il paziente non era stato lasciato mai solo e, sceso con calma dall'ambulanza e giunto a pochi metri dall'ingresso in ospedale, aveva
    imprevedibilmente e repentinamente iniziato a correre verso il muretto, oltre il quale era poi caduto.
    Alla base della doppia pronuncia assolutoria vi è stata dunque una corretta analisi delle risultanze probatorie acquisite al processo, immune dalle censure prospettate dalla parte civile ricorrente.

    4. Per le dette considerazioni il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

    Quanto alla richiesta formulata M ******** e C****** di condanna della parte civile al rimborso delle spese sostenute dai detti imputati in questo giudizio di
    legittimità, ritiene il Collegio che se ne debba operare la compensazione, sia per la genericità della richiesta, avanzata "secondo equità", sia per la non manifesta
    infondatezza delle ragioni di ricorso.

    P.Q.M.
    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 febbraio 2017

    Fonte: Corte di Cassazione - copia non ufficiale
     
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