Trasporto in ambulanza paziente psichiatrico, responsabilità...

Cassazione Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.6380 del 10/02/2017

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    Stralci sentenza Corte di Cassazione n.6380 del 10/02/2017

    RITENUTO IN FATTO

    1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Busto Arsizio nei confronti di R******** , imputata di lesioni personali colpose ai danni di G*****, G****, G******, G******* fatto avvenuto il 5 febbraio 2009, perché per colpa, nella sua qualità di medico psichiatra in servizio presso la Struttura «XXXXXXXXXXXXXXX» di A*********, non aveva valutato i sintomi di pericolosità del paziente R*********, affetto da schizofrenia paranoide cronica, omettendo di fornire al personale del Gruppo Volontari della Croce V********, che aveva preso l'incarico di trasportare il paziente nell'ospedale di Passirana di Rho, adeguate informazioni circa le effettive condizioni psichiche del R******a; quest'ultimo, nel corso del tragitto, si era avventato sul conducente del mezzo, afferrandolo per il collo ed impossessandosi del volante, con conseguente perdita di controllo del veicolo, che aveva sbandato pericolosamente tra le corsie ed infine aveva effettuato un testa-coda arrestandosi sulla corsia di emergenza nella direzione opposta a quella percorsa. Da tale evento erano derivate all'equipaggio lesioni personali consistite in sindrome ansiosa post-traumatica da stress.

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    La ricorrente ha sottolineato quanto segue:
    a) non ricorrevano i presupposti per l'applicazione del regime tipico del T.S.O., in presenza di paziente collaborante;
    b) le conversazioni telefoniche con le quali si era detto all'operatore del 118 che il paziente era tranquillo erano intercorse tra l'operatore medesimo ed il personale infermieristico ed assistenziale della struttura;
    c) il personale della Croce V****, pur informato in merito alle condizioni del paziente, lo aveva collocato sul sedile di regola occupato dal capo-equipaggio, assicurandolo con la cintura di sicurezza e lasciando aperta la porta scorrevole che separa il vano guida dal vano sanitario.

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    Si ritiene che la motivazione sia viziata per aver dilatato il giudizio di disvalore del fatto includendovi condotte che, sebbene indicate nel capo d'imputazione, il giudice di primo grado non aveva attribuito all'imputata, desumendo la sua responsabilità penale unicamente dal non aver adottato o permesso di adottare idonee misure di contenimento del paziente durante il trasporto. La ricorrente ha evidenziato la contraddittorietà di alcune censure mosse al suo comportamento inerenti alla storia clinica del paziente, alla scelta di effettuare un trasporto secondario, alla durata degli attacchi psicotici del R******, alle manifestazioni comportamentali della schizofrenia, ritenendo che l'istruttoria avesse dimostrato che i volontari della Croce V***** avevano ricevuto informazioni adeguate. Nel ricorso si contesta che l'evento fosse ascrivibile alla condotta dell'imputata, evidenziandosi la lacunosità della motivazione laddove si è trascurato che, nel caso concreto, non esistevano i presupposti per effettuare un trasporto per T.S.O. e che ogni altro diverso trasporto non prevede la presenza di personale medico a bordo, essendo per converso esigibile che l'equipaggio di un'ambulanza sia esperto e specificamente formato. La pacifica condotta provocatoria assunta dal capo equipaggio, che durante il trasporto aveva apertamente parlato della patologia da cui è affetto il Roveda, non è stata correttamente valutata quale causa sopravvenuta ai sensi dell'art.41 cod. pen.

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    Nella sentenza di appello si è, tuttavia, desunto il gravissimo errore di valutazione della situazione sanitaria del R***** rimproverabile all'imputata dal
    fatto che il quadro che si presentava dopo l'episodio del mattino, che aveva condotto alla somministrazione di un sedativo in dose consistente ed alla scelta del ricovero in SPDC, non potesse assolutamente condurre ad un trasporto dell'uomo fatto da personale volontario senza alcuna capacità o possibilità di contenerlo, né in via farmacologica né in via fisica. Le due sentenze di merito appaiono, peraltro, conformi nel ritenere che la richiesta di un trasporto di tipo secondario fosse, in sé, inadeguata a fronteggiare la pericolosità del paziente e che, in altre parole, al medico psichiatra si rimproverasse tale scelta in alternativa al T.S.O., in seguito proposto dal medico intervenuto dopo il sinistro, ed al trasporto in via d'urgenza mediante Servizio 118.

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    La nozione di trasporto secondario, si assume, è nella terminologia medica un concetto ampio che ricomprende tutto ciò che non rientra nello schema del T.S.O., del quale nel caso concreto non esistevano i presupposti in quanto il paziente aveva accettato il ricovero. Tale assunto, sebbene in parte condivisibile, non è sufficiente a scardinare la congruità della motivazione espressa nelle conformi sentenze di merito. In assenza di una normativa del rango di legge primaria, la disciplina del livello di assistenza sanitaria nel trasporto del paziente è affidata a norme regolamentari. Secondo quanto si desume dalle linee-guida diffuse in materia, il sistema di trasporto dei pazienti si può considerare un elemento del processo assistenziale, sia sotto il profilo della tempestività degli interventi sia con
    riguardo all'effettuazione in sicurezza degli stessi
    . Tra i fattori di rischio si rinvengono la presenza di personale sanitario non qualificato o non idoneo alla
    tipologia di trasporto e la scarsa o inadeguata comunicazione tra struttura sanitaria, mezzo di soccorso e struttura di destinazione.

    Nelle sentenze di merito il trasporto secondario è stato, impropriamente, indicato come sinonimo di trasporto «non di emergenza»; ma la definizione che più ricorre nella normativa regolamentare è quella secondo la quale per trasporto secondario si intende il trasferimento da una struttura ospedaliera, o da un luogo di cura, ad un'altra struttura ospedaliera e viceversa.
    Occorre, in ogni caso, precisare che il trasporto del paziente psichiatrico trova la sua fonte regolamentare in appositi protocolli, nei quali i concetti di emergenza, paziente stabilizzato, assistenza sanitaria et simula assumono un significato coerente alle specificità del settore. Il trasferimento del R*****, in quanto proveniente da una struttura ad elevata continuità assistenziale e diretto all'ospedale di Passirana di Rho, non poteva dunque che qualificarsi in termini di trasporto secondario, indipendentemente dalla circostanza che il trasferimento fosse o meno disposto per T.S.O. Sul punto, la sentenza impugnata presenta un errore definitorio. Correlativamente a tale precisazione va, però, specificato che l'indicazione della natura secondaria del trasporto non è esaustiva, perché esistono diverse tipologie di trasporto secondario in relazione alle condizioni del paziente; in particolare, in alcuni protocolli si distingue il trasporto non protetto, in cui il paziente è accompagnato dai soli operatori del soccorso, dal trasporto protetto, in cui il paziente è accompagnato da personale medico ed infermieristico. In contrasto con quanto sostenuto nel ricorso sulla base di una letteratura scientifica genericamente menzionata, va sottolineato come il trasporto secondario del paziente psichiatrico non sottoposto a T.S.O. possa essere disposto, a discrezione dello psichiatra curante, con la presenza di personale medico ed infermieristico in relazione alle condizioni del paziente. Corollario di tale rilievo è che, in assenza di personale medico a bordo, la responsabilità assistenziale rimane a carico del sanitario che ha disposto il trasferimento secondo la modalità non protetta. Ciò significa che, anche a voler ritenere da rettificare la motivazione laddove ha censurato la scelta del trasporto secondario, cionondimeno la sentenza impugnata non presenta vizi di motivazione che incidano sul dispositivo, posto che il nucleo centrale della decisione s'incentra congruamente e con logicità sul fatto che «il quadro che si era presentato non poteva assolutamente condurre ad un trasporto dell'uomo fatto da personale volontario, senza alcuna capacità o possibilità di contenerlo né in via farmacologica né in via fisica».

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    Nella sentenza si è rimarcato il grave quadro sanitario emergente dalla relazione di accompagnamento del paziente redatta dalla stessa imputata e si è ricordato che la gravità del quadro era resa drammaticamente attuale dall'episodio intercorso nella mattinata dello stesso giorno; in presenza di tale quadro, si è con logica deduzione individuato un nesso causale tra la condotta omissiva della psichiatra dott.ssa R******** come sopra descritta e le difficoltà incontrate dai volontari della Croce V***** nel controllare la condotta eteroaggressiva posta in essere dal paziente durante il trasporto, descrivendosi in dettaglio la condotta alternativa che avrebbe avuto concrete possibilità di annullare tale rischio.

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    La rilevata infondatezza dei motivi di ricorso avanzati dall'imputata - di là dall'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla condanna penale pronunciata a carico della R******** a causa dell'intervenuta prescrizione - impone peraltro la conferma delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, in conformità alle previsioni di cui all'art. 578 cod.proc.pen. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle costituite parti civili...

    Fonte: Corte di Cassazione
     
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