Autista del 118: rivelare notizie apprese durante il servizio è reato

Cassazione penale, sezione VI, sentenza 8 febbraio 2017, n. 5818

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    Autista del 118: rivelare notizie apprese durante il servizio è reato

    venerdì 17 febbraio 2017

    di Cavallo Laura - Avvocato in Torino


    Commette violazione del segreto professionale l’ autista soccorritore del servizio 118, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio ex art. 358 c.p. se rivela a un giornalista notizie inerenti fatti o notizie delle quali è venuto a conoscenza in ragione del servizio; la fonte dell’obbligo che impone il segreto d’ufficio è l’art. 28 della L. 7/8/1990 n. 241. Sul punto si è espressa, da ultimo, la Cassazione penale con sentenza 8 febbraio 2017, n. 5818.

    "1. Il Difensore di XXXXX XXXXXX ha proposto ricorso per Cassazione contro
    la sentenza con la quale la Corte di Appello di CALTANISSETTA ha confermato la
    sentenza di primo grado che, in sede di giudizio abbreviato, ha condannato
    l'imputato per il reato di cui all'art. 326, primo comma cod. pen. perché, nella
    sua qualità di incaricato di pubblico servizio quale autista soccorritore del servizio
    S.U.E.S. 118 e in violazione del segreto professionale, aveva rivelato ad una
    giornalista del quotidiano "la Sicilia" notizie relative alla dinamica di tre omicidi,
    consegnandole anche tre foto scattate sul posto
    .
    2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, entrambi relativi ad
    inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale in
    riferimento all'art. 326 cod. pen.
    2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha contestato che l'imputato fosse
    tenuto al segreto professionale o comunque ad un dovere di segretezza, tanto
    più che difettava nel caso in esame una specifica fonte normativa.
    2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha sostenuto che le foto diffuse
    dall'imputato non erano suscettibili di arrecare nessun pregiudizio alla
    Amministrazione"


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    Penale Sent. Sez. 6 Num. 5818 Anno 2017

    Data Udienza: 21/12/2016

    RITENUTO IN FATTO

    1. Il Difensore di xxxxxx xxxxxxxx ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di CALTANISSETTA ha confermato la sentenza di primo grado che, in sede di giudizio abbreviato, ha condannato l'imputato per il reato di cui all'art. 326, primo comma cod. pen. perché, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio quale autista soccorritore del servizio S.U.E.S. 118 e in violazione del segreto professionale, aveva rivelato ad una giornalista del quotidiano "la Sicilia" notizie relative alla dinamica di tre omicidi,

    2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, entrambi relativi ad inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale in riferimento all'art. 326 cod. pen.
    2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha contestato che l'imputato fosse tenuto al segreto professionale o comunque ad un dovere di segretezza, tanto più che difettava nel caso in esame una specifica fonte normativa.
    2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha sostenuto che le foto diffuse dall'imputato non erano suscettibili di arrecare nessun pregiudizio alla Amministrazione del 188 dato che le stesse erano già di pubblico dominio prima della diffusione.

    CONSIDERATO IN DIRITTO
    1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
    2.In merito specifico al primo motivo di ricorso, va osservato preliminarmente che non è controversa tra le parti la circostanza che le foto scattate dall'imputato su richiesta di un medico legale sul luogo dei fatti siano state effettivamente trasmesse o consegnate alla giornalista Laura MENDOLA, del quotidiano "La Sicilia" né che la qualifica soggettiva del xxxxxxx, autista soccorritore del servizio S.U.E.S. 188, fosse quella di persona incaricata di un pubblico servizio ex art. 358 cod. pen.; la questione rilevante è infatti solo quella della individuazione della fonte dell'obbligo del segreto che gravava sull'imputato.

    2.1 La Corte di Appello di Caltanissetta ha richiamato, come fonte di detto obbligo, la disposizione di cui all'art. 28 della 1.7/8/1990 n. 241 sugli impiegati civili dello Stato, che impone, tra l'altro, "il segreto di ufficio su informazioni riguardanti .....operazioni amministrative in corso o concluse o notizie di cui (il
    1 consegnandole anche tre foto scattate sul posto.pubblico impiegato) sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni" e ha giustificato la sua tesi con l'osservazione che il Servizio del 118 è comunque una articolazione del Servizio Sanitario Nazionale; le ulteriori indicazioni normative o regolamentari indicate poi dalla Corte siciliana, specie l'art. 41 del Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti delle strutture sanitarie associate e collegate al Servizio sanitario Nazionale, costituiscono poi nella sostanza elementi di rafforzamento di un obbligo principale che deriva direttamente dalla norma sopra richiamata, già di per sé idonea a fondare, il tutta la sua estensione, l'obbligo di interessata da un macroscopico danno di immagine proprio in riferimento alla

    2.2 n ricorrente ha confutato le conclusioni della Corte affermando
    sostanzialmente che la individuazione della fonte dell'obbligo del segreto non era
    rintracciabile nella normativa di cui alla legge statale sopra ricordata ma in quella
    regionale siciliana (in particolare, art. 53, comma 4 decr. leg.vo 150/2009)
    sostenendo però del tutto genericamente ed apoditticamente una applicazione
    "in malarn partem" della normativa nazionale che non ha alcuna ragione di
    esistere una volta che si consideri, per un verso, che il citato art. 53 non sembra
    avere alcuna specifica attinenza con la questione che si sta trattando (dato che
    lo stesso si limita a richiamare la contrattazione collettiva ed integrativa) e,
    dall'altro, come lo stesso, secondo la condivisibile tesi della Corte di Appello di
    Caltanissetta, risulti integrato dal già citato art. 41 del C.C.N.L. dei dipendenti
    delle strutture sanitarie associate al S.S.N. che impone comunque l'obbligo di
    segreto.

    2.3 Con una seconda, subordinata prospettazione accennata nel primo
    motivo di ricorso, il ricorrente ha segnalato che, anche tutto voler concedere
    circa l'esistenza di un generico obbligo di segreto per gli incaricati di pubblico
    servizio che prestano attività presso il servizio del 118, quelle diffuse mediante la
    consegna delle foto più volte ricordata non costituirebbe comunque diffusione di
    notizie coperte dal segreto dal momento che la norma penale fa riferimento ad
    atti e notizie per le quali il segreto è previsto "espressamente" per come
    risultante dalle norme che disciplinano il diritto di accesso ma non anche per
    quelle indebitamente diffuse in violazione di dette norme senza le modalità
    previste.

    2.4 La tesi difensiva non è persuasiva; la stessa, infatti, dimentica che nel
    caso in esame il termine di riferimento per individuare la natura riservata e
    segreta della notizia non ha nulla a che fare con la disciplina del diritto di accesso
    ai provvedimenti amministrativi richiamata dal ricorrente ma si deve confrontare,
    come correttamente osservato dalla Corte siciliana, con il tenore dell'art. 329
    2 Corte segreto di cui si dice.cod. proc. pen. e con i connessi, ben più pregnanti, obblighi di segreto e divieti
    di diffusione di notizie relative ad atti compiuti della polizia giudiziaria; del resto,
    in quest'ultima prospettiva argomentativa, non pare dubbio, come sottolineato
    dalla Corte, che la diffusione delle foto e perciò delle connesse notizie relative
    all'omicidio di tre persone, tra cui anche minori, abbia causato un concreto
    pericolo al buon andamento della pubblica amministrazione non solo nella
    prospettiva sopra richiamata ma anche in quella più direttamente riferibile alla
    pubblica amministrazione di appartenenza dell'imputato, evidentemente
    riservatezza che avrebbe dovuto connotare, in questa occasione in modo
    particolare, il comportamento di un appartenente alla stessa.

    3. Il secondo motivo di ricorso, poi, è sostanzialmente inammissibile in
    questa specifica sede; le osservazioni difensive relative alla circostanza che la già
    avvenuta diffusione per altra via delle notizie coperte da segreto toglie il
    carattere di rilevanza penale alle relative condotte di violazione del segreto sono
    senz'altro condividibili in astratto ma le prospettazioni concretamente svolte nel
    motivo di ricorso, che lamenta la sola violazione di legge penale sostanziale in
    riferimento all'art. 326 cod. pen. e non denuncia alcun vizio di motivazione,
    sono tutte esclusivamente riferite a circostanze di fatto relative alla affermata,
    già avvenuta pubblicizzazione del contenuto delle foto in questione su articoli di
    stampa e su emittenti televisive non proponibili davanti alla Corte di Cassazione.
    P.Q.M.
    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
    Così deciso il 21 dicembre 2016.

    Fonte:http://www.cortedicassazione.it

    Edited by coeslazio - 22/2/2017, 23:09
     
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