Organizzazione dell'orario di lavoro - dir. 93/104/CE e 2000/34/CE

D.L. 8/8/2003 n.66

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    La Legge News

    SENTENZA DELLA CORTE
    9 settembre 2003

    «Politica sociale - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva
    93/104/CE - Nozioni di orario di lavoro e di periodo di riposo - Servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) prestato dai medici in ospedale»


    Nel procedimento C-151/02,
    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art.
    234 CE, dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania), nella causa dinanzi ad esso
    pendente tra
    Landeshauptstadt Kiel
    e
    Norbert Jaeger,
    domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993,
    93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag.
    18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima,
    LA CORTE,
    composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. M. Wathelet, R. Schintgen
    (relatore) e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward,
    P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha
    Rodrigues e A. Rosas, giudici,
    avvocato generale: sig. D. Ruíz-Jarabo Colomer,
    cancelliere: sig. H. A. Rühl, amministratore principale,
    viste le osservazioni scritte presentate:
    - per la Landeshauptstadt Kiel, dal sig. W. Weißleder, Rechtsanwalt;
    - per M. Jaeger, dal sig. F. Schramm, Rechtsanwalt;
    - per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualità di agenti;
    - per il governo danese, dal sig. M. J. Molde, in qualità di agente;
    - per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;
    - per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dalla
    sig.ra K. Smith, barrister;
    - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e H. Kreppel, in qualità di
    agenti,
    vista la relazione d'udienza,
    sentite le osservazioni orali della Landeshauptstadt Kiel, rappresentata dai sigg. W. Weißleder,
    M. Bechtold e D. Seckler, Rechtsanwälte, del sig. Jaeger, rappresentato dall'avv. F. Schramm,
    del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, del governo francese,
    rappresentato dal sig. C. Lemaire, in qualità di agente, del governo dei Paesi Bassi,
    rappresentato dal sig. N. A. J. Bel, in qualità di agente, del governo del Regno Unito,
    rappresentato dalla sig.ra P. Ormond, assistita dalla sig.ra K. Smith, e della Commissione,
    rappresentata da sigg. H. Kreppel e F. Hoffmeister, in qualità di agenti, all'udienza del 25
    febbraio 2003,
    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'8 aprile 2003,
    ha pronunciato la seguente
    Sentenza
    1.
    Con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente,
    pervenute in cancelleria il 26 aprile 2002, il Landesarbeitsgericht Schleswig-
    Holstein (Tribunale del lavoro del Land Schleswig-Holstein) ha sottoposto alla
    Corte, a norma dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti
    sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE
    concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag.
    18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima.
    La Legge News
    2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la
    Landeshauptstadt Kiel (in prosieguo: il «Comune di Kiel») e il sig. Jaeger in merito
    alla definizione delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi
    della direttiva 93/104 nell'ambito del servizio di guardia («Bereitschaftsdienst»)
    prestato da un medico in ospedale.
    Contesto normativo
    La normativa comunitaria
    3.
    Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 93/104 stabilisce prescrizioni minime di
    sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro e si applica a
    tutti i settori di attività, privati o pubblici, ad eccezione dei trasporti aerei,
    ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle
    altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione.
    4.
    Al titolo «Definizioni», l'art. 2 della medesima direttiva dispone quanto segue:
    «Ai sensi della presente direttiva si intende per:
    1) orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
    disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue
    funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
    2) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
    [...]».
    5.
    La sezione II della direttiva 93/104 prevede le misure che gli Stati membri devono
    prendere affinché ogni lavoratore benefici, in particolare, di periodi minimi di
    riposo giornaliero e settimanale e disciplina altresì la durata massima settimanale
    del lavoro.
    6.
    Ai sensi dell'art. 3 della detta direttiva, intitolato «Riposo giornaliero»:
    «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici,
    nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore
    consecutive».
    7.
    Per quanto riguarda la durata massima settimanale del lavoro, l'art. 6 della
    medesima direttiva dispone:
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    «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli
    imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
    (...)
    2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48
    ore, comprese le ore di lavoro straordinario».
    8.
    L'art. 15 della direttiva 93/104 prevede:
    «La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od
    introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli
    alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire
    l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più
    favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».
    9.
    L'art. 16 della detta direttiva recita come segue:
    «Gli Stati membri possono prevedere:
    (...)
    2) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un
    periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.
    (...)».
    10.
    La stessa direttiva elenca una serie di deroghe a molte delle sue norme
    fondamentali, tenuto conto delle peculiarità di talune attività e a condizione che
    ricorrano determinate circostanze. A questo proposito, l'art. 17 dispone:
    «1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute
    dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16
    quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività
    esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai
    lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
    a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo
    b) di manodopera familiare; o
    c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.
    2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano
    concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure,
    in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo
    compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro
    concessa una protezione appropriata:
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    2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16
    (...)
    c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio
    o della produzione, in particolare, quando si tratta:
    i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali
    o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;
    (...)
    iii) di servizi stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali
    o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di
    protezione civile;
    (...)
    3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi
    conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle
    regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi
    tra le parti sociali ad un livello inferiore.
    (...)
    Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a
    condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo
    compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti
    di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai
    lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
    (...)»
    11.
    L'art. 18 della direttiva 93/104 recita come segue:
    «1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari
    ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il
    23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti
    sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che
    gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in
    qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva.
    b) i) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel
    rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei
    lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale
    scopo, che:
    - nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso
    di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui
    all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore
    all'esecuzione di tale lavoro;
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    - nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad
    accettare di effettuare tale lavoro;
    - il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale
    lavoro;
    - i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare
    o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di
    superare la durata massima settimanale del lavoro;
    - il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui
    consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel
    corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di
    cui all'articolo 16, punto 2.
    (...)»
    La normativa nazionale
    12.
    Il diritto del lavoro tedesco opera una distinzione tra i servizi di permanenza
    obbligatoria («Arbeitsbereitschaft»), i servizi di guardia («Bereitschaftsdienst») e i
    servizi di reperibilità («Rufbereitschaft»).
    13.
    Tali tre nozioni non sono definite dalla normativa nazionale controversa, ma le loro
    caratteristiche si evincono dalla giurisprudenza.
    14.
    Il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») identifica la
    situazione in cui il lavoratore deve tenersi a disposizione del proprio datore di
    lavoro sul luogo di lavoro ed è, inoltre, tenuto a restare costantemente vigile per
    poter intervenire immediatamente in caso di necessità.
    15.
    Durante il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») il lavoratore ha l'obbligo di
    essere presente in un luogo determinato dal datore di lavoro, all'interno o all'esterno
    dell'edificio di quest'ultimo, nonché di tenersi pronto a prendere servizio su
    richiesta del datore di lavoro, ma gli è consentito riposarsi o passare il tempo come
    vuole quando la sua opera professionale non è richiesta.
    16.
    Il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») è caratterizzato dal fatto che il
    lavoratore non è obbligato a restare in attesa in un luogo indicato dal datore di
    lavoro, ma basta che esso sia raggiungibile in qualunque momento per poter
    svolgere in breve tempo i sui compiti professionali su chiamata.
    17.
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    Nel diritto tedesco, solamente il servizio di permanenza obbligatoria
    («Arbeitsbereitschaft») è considerato, come regola generale, rientrare interamente
    nell'orario di lavoro. Invece, sia il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che il
    servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») son qualificati come riposo, salvo per la
    parte del servizio in cui il lavoratore ha effettivamente svolto i suoi compiti
    professionali.
    18.
    In Germania, la normativa in materia di durata del lavoro e di periodi di riposo è
    contenuta nell'Arbeitszeitgesetz (legge sull'orario di lavoro) 6 giugno 1994 (BGBl.
    1994 I, pag. 1170, in prosieguo: l'«ArbZG»), adottata per recepire la direttiva
    93/104.
    19.
    L'art. 2, n. 1, dell'ArbZG definisce orario di lavoro il periodo di tempo intercorrente
    tra l'inizio e la fine della giornata lavorativa, escluse le pause.
    20.
    Ai sensi dell'art. 3 dell'ArbZG:
    «L'orario di lavoro giornaliero non può superare le otto ore, sebbene possa essere
    prolungato fino a dieci ore, purché la durata media calcolata su un semestre solare
    o su ventiquattro settimane non ecceda le otto ore per ogni giornata lavorativa».
    21.
    L'art. 5 dell'ArbZG prevede quanto segue:
    «(1) Al termine del loro servizio quotidiano i lavoratori devono necessariamente
    beneficiare di un riposo ininterrotto di almeno undici ore.
    (2) La durata del periodo di riposo di cui al n. 1 può essere ridotta al massimo di
    un'ora negli ospedali e negli altri istituti per il trattamento, la cura e l'assistenza
    delle persone, negli alberghi, ristoranti e stabilimenti assimilati, nelle imprese di
    trasporto, nelle imprese di radiodiffusione e nell'agricoltura e allevamento, se ogni
    riduzione viene compensata, nell'arco di un mese solare o di quattro settimane,
    prolungando un altro periodo di riposo almeno fino a dodici ore.
    (3) In deroga al n. 1, negli ospedali e negli altri istituti di trattamento, cura e
    assistenza delle persone, le riduzioni del periodo di riposo dovute a un intervento
    durante i servizi di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft)
    possono essere compensate successivamente, purché tali interventi non superino la
    metà del periodo di riposo.
    (...)»
    22.
    L'art. 7 dell'ArbZG recita come segue:
    «(1) Mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un contratto
    collettivo, è consentito:
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    1. in deroga all'art. 3,
    a) prolungare l'orario di lavoro giornaliero oltre le dieci ore, anche senza
    compensazione, quando nell'orario di lavoro rientrano di regola e in misura
    rilevante ore di permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft),
    b) differire ad un altro momento il periodo di riposo compensativo,
    c) estendere, senza compensazione, l'orario lavorativo giornaliero fino a dieci ore,
    per un massimo di sessanta giorni all'anno,
    (...)
    (2) A condizione che la salute dei lavoratori sia tutelata con un equivalente riposo
    compensativo, un contratto collettivo o un accordo aziendale può prevedere:
    1. in deroga all'art. 5, n. 1, di adattare i periodi di riposo, in caso di servizio di
    guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) alle peculiarità di
    tali servizi ed in particolare di compensare successivamente le riduzioni dei periodi
    di riposo qualora i lavoratori siano chiamati in servizio;
    (...)
    3. per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, di adeguare le norme di cui
    agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2, alle peculiarità di tali attività e al benessere di tali
    persone;
    4. per le amministrazioni federali, regionali, comunali o di altri enti, istituzioni e
    fondazioni di diritto pubblico, nonché per gli altri datori di lavoro cui si applicano i
    contratti collettivi vigenti per il pubblico impiego o contratti collettivi di contenuto
    sostanzialmente simile, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2
    alle peculiarità di tali attività.
    (...)»
    23.
    L'art. 25 dell'ArbZG così dispone:
    «Se, alla data di entrata in vigore della presente legge, un contratto collettivo
    esistente o che continua a produrre effetti dopo tale data, contiene disposizioni
    derogatorie ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2 (...), che superano i limiti massimi stabiliti
    dalle norme citate, tali disposizioni restano impregiudicate. Gli accordi aziendali
    fondati su contratti collettivi sono assimilati ai contratti collettivi di cui alla prima
    frase (...)».
    24.
    Il Bundesangestelltentarifvertrag (contratto collettivo del pubblico impiego in
    Germania, in prosieguo: il «BAT») prevede in particolare quanto segue:
    «Art. 15 Orario di lavoro normale
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    (1) L'orario di lavoro normale prevede mediamente 38 ore e mezzo (pause escluse)
    alla settimana. In generale, la media dell'orario di lavoro settimanale normale è
    calcolata su un periodo di otto settimane (...)
    (2) L'orario di lavoro normale può essere esteso
    a) fino a dieci ore giornaliere (in media 49 ore settimanali) se include di regola una
    permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno due ore al giorno in
    media,
    b) fino a undici ore giornaliere (in media 54 ore settimanali) se include di regola
    una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno tre ore al giorno in
    media,
    c) fino a dodici ore giornaliere (in media 60 ore settimanali) se il lavoratore deve
    soltanto essere presente sul luogo di lavoro per svolgere il lavoro richiesto in caso
    di necessità.
    (...)
    (6 bis) Il dipendente, su richiesta del datore di lavoro, è obbligato a trattenersi oltre
    l'orario di lavoro normale in un determinato luogo indicato da quest'ultimo, oppure
    può essere chiamato a lavorare in funzione delle necessità [servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst)]. Il datore di lavoro può imporre un servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) soltanto ove sia prevista una certa mole di lavoro ma, per
    acquisita esperienza, prevalga il periodo non lavorato.
    Per calcolare la retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia
    (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative in base alla
    percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto; le ore
    lavorative così valutate sono pagate come ore straordinarie (...)
    Prima che sia terminato il trimestre solare, le ore di lavoro calcolate in tal modo,
    invece di essere retribuite, possono essere compensate con la concessione di un
    equivalente periodo libero (riposo compensativo) (...)».
    25.
    Parallelamente all'art. 15, n. 6 bis, del BAT, le parti sociali hanno concordato
    norme speciali («Sonderregelungen») per il personale dei centri ospedalieri e
    medici, degli istituti di cura e di maternità nonché di altri centri e stabilimenti
    sanitari (in prosieguo: la «SR 2 a»). Le disposizioni speciali per i medici e i medici
    dentisti dei centri e degli istituti previsti dalla SR 2 a (in prosieguo: la «SR 2 c»)
    recitano come segue:
    «N.8
    Per quanto concerne l'art. 15, n. 6 bis (...)
    Servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), reperibilità (Rufbereitschaft)
    (...)
    La Legge News
    (2) Per il calcolo della retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di
    guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative
    nella maniera seguente:
    a) La presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst) è
    convertita come segue in ore lavorative in base alla base percentuale rappresentata
    in pratica dalla durata media del lavoro richiesto:
    Categoria Lavoro richiesto durante il Conversione in orario
    servizio di guardia di lavoro
    (Bereitschaftsdienst)
    A da 0 a 10% 15%
    B da oltre 10 a 25% 25%
    C da oltre 25 a 40% 40%
    D da oltre 40 a 49% 55%
    Un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) che rientra nella categoria A viene
    riclassificato nella categoria B se l'esperienza dimostra che, durante la guardia,
    l'interessato interviene mediamente più di tre volte fra le ore 22 e le ore 6.
    b) Inoltre, il periodo di presenza imposto da ogni servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) è convertito come segue in funzione del numero di guardie
    effettuate dall'interessato nell'arco di un mese solare:
    Numero di servizi di guardia Conversione in orario
    (Bereitschaftsdienste) di lavoro
    nel mese solare
    Da 1 a 8 servizi di guardia 25%
    Da 9 a 12 servizi di guardia 35%
    Oltre 13 servizi di guardia 45%
    (...)
    (7) In un mese solare non possono essere disposti
    più di sette servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie A e B,
    più di sei servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie C e D.
    E' consentito superare provvisoriamente tali percentuali quando [, ove fossero
    rispettate] non sarebbe garantita l'assistenza ai pazienti. (...)
    (...)»
    Controversia principale e questioni pregiudiziali
    La Legge News
    26.
    Dall'ordinanza di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale
    controvertono sul punto se l'orario dedicato al servizio di guardia
    («Bereitschaftsdienst») organizzato dal comune di Kiel nell'ospedale da esso
    gestito debba essere considerato orario di lavoro o periodo di riposo. La
    controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda esclusivamente gli
    aspetti di diritto del lavoro connessi ai periodi di guardia e non i relativi criteri di
    remunerazione.
    27.
    Dal 1° maggio 1992 il sig. Jaeger lavora come assistente medico presso il reparto
    di chirurgia del detto ospedale. Il suo servizio rappresenta i 3/4 dell'orario
    settimanale normale (cioè 28,875 ore settimanali). Inoltre, egli è tenuto, in virtù di
    un accordo accessorio, a garantire turni di guardia rientranti nella categoria D del n.
    8, par. 2, della SR 2 c. Nel contratto di lavoro le parti del procedimento principale
    hanno convenuto l'applicazione del BAT.
    28.
    Il sig. Jaeger di regola effettua sei servizi di guardia al mese, compensati in parte
    mediante concessione di tempo libero e in parte mediante il versamento di
    retribuzioni aggiuntive.
    29.
    Il servizio di guardia comincia al termine del normale orario lavorativo e ha una
    durata di 16 ore nei giorni feriali, di 25 ore il sabato (dalle 8.30 del sabato mattina
    alle 9.30 della domenica mattina) e di 22 ore e 45 minuti la domenica (dalle 8.30
    della domenica mattina alle 7.15 de lunedì mattina).
    30.
    I servizi di guardia sono così organizzati: il sig. Jaeger è presente in clinica e vi
    effettua le prestazioni professionali eventualmente necessarie. Egli ha a
    disposizione, in ospedale, una stanza con un letto nella quale è autorizzato a
    dormire quando non sono richieste le sue prestazioni. L'adeguatezza di tale alloggio
    è contestata. Per contro è pacifico che i periodi in cui il sig. Jaeger è chiamato a
    svolgere un compito professionale rappresentano mediamente il 49% dei servizi di
    guardia.
    31.
    Il sig. Jaeger ritiene che i servizi di guardia da lui effettuati in qualità di medico
    assistente o medico di emergenza nell'ambito del servizio di pronto soccorso
    debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro ai sensi
    dell'ArbZG, in virtù della diretta applicazione della direttiva 93/104.
    L'interpretazione fornita dalla Corte in merito alla nozione di orario di lavoro nella
    sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963) potrebbe
    essere applicata al presente procedimento, concernente una situazione
    sostanzialmente simile. In particolare, gli obblighi del servizio di guardia in
    Spagna, in esame nel procedimento che ha dato luogo alla citata sentenza Simap,
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    sarebbero paragonabili a quelli cui egli è sottoposto. Di conseguenza, l'art. 5, n. 3,
    dell'ArbZG sarebbe in contrasto con la direttiva 93/104 e, pertanto, inapplicabile.
    L'interessato aggiunge che il comune di Kiel non può legittimamente appellarsi alle
    disposizioni derogatorie dell'art. 17 di tale direttiva, il quale prevederebbe
    eccezioni relative solo alla durata dei periodi di riposo, a prescindere dalla nozione
    di orario di lavoro.
    32.
    Per contro, il comune di Kiel sostiene che, secondo l'interpretazione costante dei
    giudici nazionali e della dottrina prevalente, le fasi di inattività durante il servizio
    di guardia devono essere considerate periodi di riposo e non orario di lavoro.
    Qualsiasi altra interpretazione priverebbe di significato gli artt. 5. n. 3, e 7 n. 2,
    dell'ArbZG. Inoltre, la citata sentenza Simap non sarebbe applicabile al caso di
    specie, infatti, i medici spagnoli interessati avrebbero esercitato la loro attività a
    tempo pieno nei servizi di pronto soccorso, mentre i medici tedeschi sarebbero
    chiamati a svolgere un compito professionale al massimo per il 49% in media del
    periodo del servizio di guardia. Infine, la normativa nazionale che stabilisce
    deroghe alla durata del lavoro rientrerebbe nell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104 e
    gli Stati membri disporrebbero di un ampio margine discrezionale in merito.
    Un'espressa menzione dell'art. 2 di tale direttiva all'interno dell'art. 17 della
    medesima sarebbe superflua in quanto l'art. 2 contiene soltanto definizioni.
    33.
    In primo grado, l'Arbeitsgericht Kiel (Germania), con sentenza 8 novembre 2001,
    ha accolto la domanda del sig. Jaeger ritenendo che i servizi di guardia che
    quest'ultimo era tenuto a svolgere nell'ospedale di Kiel dovessero essere conteggiati
    come rientranti integralmente nell'orario di lavoro ai sensi dell'art. 2 dell'ArbZG.
    34.
    Il comune di Kiel ha pertanto sottoposto la controversia al Landesarbeitsgericht
    Schleswig-Holstein.
    35.
    Tale giudice rileva che la nozione di servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») non
    è esplicitamente definita nell'ArbZG. Essa riguarderebbe l'obbligo di essere
    presente in un luogo indicato dal datore di lavoro e di tenersi pronto a svolgere
    tempestivamente i propri compiti professionali in caso di necessità. Non sarebbe
    richiesta una «vigile attenzione» («wache Achtsamkeit») e, al di fuori degli
    effettivi periodi di attività, il lavoratore potrebbe riposarsi o dedicarsi a qualsiasi
    altra occupazione. Durante il servizio di guardia, quest'ultimo non dovrebbe fornire
    le sue prestazioni professionali di propria iniziativa, ma soltanto su richiesta del
    datore di lavoro.
    36.
    Il sig. Jaeger svolgerebbe un siffatto servizio di guardia, che in Germania è
    conteggiato come periodo di riposo e non come orario di lavoro, eccettuata la parte
    del detto servizio in cui il lavoratore ha effettivamente esercitato la propria attività
    professionale. Tale assunto deriverebbe dagli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG.
    La Legge News
    Infatti, la circostanza che la riduzione dei periodi di riposo a seguito
    dell'assolvimento dei suoi compiti durante il servizio di guardia possa essere
    compensata successivamente, indicherebbe che quest'ultimo vale come periodo di
    riposo ove l'interessato non sia stato effettivamente chiamato a fornire la sua opera
    professionale. Questa sarebbe stata la volontà del legislatore nazionale, poiché
    risulterebbe dai lavori preparatori dell'ArbZG che periodi di lavoro possono seguire
    a servizi di guardia.
    37.
    Il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, sia necessario accertare se i
    servizi di guardia debbano essere considerati come interamente rientranti
    nell'orario di lavoro, anche se l'interessato non ha effettivamente adempiuto i suoi
    obblighi professionali, e anzi gli è consentito dormire durante tali servizi. Tale
    questione non era stata proposta nella causa Simap e pertanto la Corte non
    l'avrebbe risolta.
    38.
    Ove non fosse possibile risolvere tale questione in maniera chiara, per risolvere la
    controversia occorrerebbe accertare se l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG contrasti con l'art.
    2, nn. 1 e 2. della direttiva 93/104.
    39.
    Infine, tenuto conto della domanda proposta in subordine - volta a far constatare
    che il sig. Jaeger non è tenuto, nell'ambito dei suoi obblighi definiti per contratto, a
    lavorare a titolo del suo servizio regolare e di guardia, ore straordinarie comprese,
    per più di dieci ore al giorno e per più di 48 ore in media alla settimana - e dato che
    il comune di Kiel si richiama a tal proposito agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG,
    sarebbe necessario decidere se tali disposizioni rientrano nel margine discrezionale
    che la direttiva 93/104 attribuisce agli Stati membri e alle parti sociali.
    40.
    Infatti, nell'ipotesi in cui i servizi di guardia dovessero essere considerati
    integralmente orario di lavoro e l'organizzazione a livello nazionale di tali servizi
    fosse ritenuta in contrasto con l'art. 3 della direttiva 93/104 perché il periodo di
    riposo di undici ore consecutive potrebbe non solo essere ridotto ma anche
    interrotto, la normativa tedesca potrebbe nondimeno rientrare nella sfera di
    applicazione dell'art. 17, n. 2, di tale direttiva.
    41.
    Se la normativa nazionale o il contratto collettivo applicabile garantissero ai
    lavoratori un periodo di riposo sufficiente - nonostante il fatto che il servizio di
    guardia è da essi considerato periodo di riposo - lo scopo della direttiva 93/104,
    consistente nel proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori nella Comunità,
    potrebbe essere garantito.
    42.
    La Legge News
    Considerato che, ciò premesso, per risolvere la controversia per la quale è adito è
    necessaria l'interpretazione del diritto comunitario, il Landesarbeitsgericht
    Schleswig-Holstein ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
    Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
    «1) Se il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), prestato da un lavoratore in un
    ospedale, possa generalmente essere considerato come rientrante nell'orario di
    lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104/CE, anche quando al
    lavoratore è consentito dormire nel tempo in cui non sono richieste le sue
    prestazioni.
    2) Se una norma del diritto nazionale, la quale consideri come periodo di riposo,
    nel caso in cui non vi siano richieste di prestazioni, il servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) configurato in modo che il lavoratore riposi in un'apposita
    stanza posta a sua disposizione nell'ospedale ed esegua la prestazione lavorativa
    solo su richiesta, violi l'art. 3 della direttiva 93/104/CE.
    3) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta, negli ospedali ed altre
    istituzioni rivolte al trattamento medico, cura e assistenza delle persone, una
    riduzione del periodo di riposo di 11 ore, configurata in modo che i periodi di
    tempo relativi alle prestazioni rese durante il servizio di guardia
    (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft), che non superino
    complessivamente la metà del periodo di riposo, vengano compensati con altri
    periodi, violi la direttiva 93/104/CE.
    4) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta che in un contratto
    collettivo, o in un contratto aziendale basato su un contratto collettivo, possa essere
    previsto che i periodi di riposo durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o
    di reperibilità (Rufbereitschaft) vengano adattati alle particolari caratteristiche di
    tali servizi, ed in particolare che riduzioni del periodo di riposo determinate da
    richieste di prestazioni durante tali servizi possano essere compensate con altri
    periodi, violi la direttiva 93/104/CE».
    Sulle questioni pregiudiziali
    43.
    In limine, occorre ricordare che, anche se non spetta alla Corte pronunciarsi,
    nell'ambito di un procedimento promosso ai sensi dell'art. 234 CE, sulla
    compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario, né interpretare
    disposizioni legislative o regolamentari nazionali, essa è tuttavia competente a
    fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto
    comunitario che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la
    definizione della causa per la quale è adito (v., in particolare, sentenze 15 dicembre
    1993, causa C-292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I-6787, punto 8; 3 maggio
    2001, causa C-28/99, Verdonck e a., Racc. pag. I-3399, punto 28, e 27 novembre
    2001, cause riunite C-285/99 e C-286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I-
    9233, punto 27).
    Sulla prima e seconda questione
    44.
    La Legge News
    Alla luce di quanto ricordato al punto precedente, si devono intendere le prime due
    questioni, da esaminare congiuntamente, come dirette ad accertare se la direttiva
    93/104 vada interpretata nel senso che un servizio di guardia
    («Bereitschaftsdienst») effettuato da un medico, secondo il regime della presenza
    fisica in ospedale, va qualificato interamente come orario di lavoro ai sensi della
    medesima direttiva, sebbene all'interessato sia consentito riposare sul luogo di
    lavoro durante i periodi in cui non sono richieste le sue prestazioni, sicché tale
    direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che considera come riposo i
    periodi di inattività del lavoratore nell'ambito di un servizio di guardia del genere.
    45.
    Per risolvere tali questioni così riformulate, occorre rilevare innanzitutto che tanto
    dall'art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti
    dagli artt. 136 CE-143 CE), che costituisce il fondamento normativo della direttiva
    93/104, quanto dai considerando primo, quarto, settimo e ottavo nonché dalla
    stessa formulazione dell'art. 1, n. 1, della direttiva risulta che essa intende fissare
    prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei
    lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in
    particolare, l'orario di lavoro (v. sentenza 26 giugno 2001, causa C-173/99,
    BECTU, Racc. pag. I-4881, punto 37).
    46.
    A norma di queste stesse disposizioni, tale armonizzazione a livello comunitario in
    materia di organizzazione dell'orario di lavoro è diretta a garantire una migliore
    tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere questi ultimi di
    periodi minimi di riposo - in particolare giornaliero e settimanale - e di periodi di
    pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (v.
    citate sentenze Simap, punto 49, e BECTU, punto 38).
    47.
    In tale contesto, deriva dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei
    lavoratori, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, e in
    particolare dai suoi punti 8 e 19, primo comma, richiamati al quarto considerando
    della direttiva 93/104, che ogni lavoratore della Comunità europea deve beneficiare
    nell'ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza
    soddisfacenti e, in particolare, che ha diritto al riposo settimanale i cui periodi
    devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso,
    conformemente alle prassi nazionali.
    48.
    Per quanto riguarda in particolare la nozione di «orario di lavoro» ai sensi della
    direttiva 93/104, va ricordato che, al punto 47 della citata sentenza Simap, la Corte
    ha rilevato che tale direttiva definisce la detta nozione comprendendovi qualsiasi
    periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e
    nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni
    e/o prassi nazionali e che la medesima nozione va intesa in opposizione al periodo
    di riposo, ciascuna delle due nozioni escludendo l'altra.
    49.
    La Legge News
    Al punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte ha statuito che gli elementi
    caratteristici della detta nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di
    servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso della regione di
    Valencia (Spagna) effettuati secondo un regime di presenza fisica nei centri
    sanitari. La Corte ha infatti constatato che, nella causa che ha dato luogo alla detta
    sentenza, era pacifico che, nel caso di periodi di guardia svolti secondo tale regime,
    le due prime condizioni elencate nella definizione della nozione di orario di lavoro
    sono soddisfatte. Inoltre, essa ha affermato che, anche se l'attività effettivamente
    svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo imposto a tali medici di essere
    presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale
    dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni.
    50.
    La Corte ha aggiunto, al punto 49 della citata sentenza Simap, che tale
    interpretazione è conforme all'obiettivo della direttiva 93/104, che è quello di
    garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendo in modo che essi possano
    beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa, mentre
    escludere dalla nozione di «orario di lavoro», ai sensi di tale direttiva, il periodo di
    servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica equivarrebbe a
    rimettere seriamente in discussione il detto obiettivo.
    51.
    Al punto 50 della citata sentenza Simap, la Corte ha inoltre precisato che diverso è
    il caso in cui i medici delle unità di pronto soccorso svolgano il servizio di guardia
    secondo il sistema per cui essi devono essere reperibili in permanenza senza per
    questo essere obbligati ad essere presenti nel centro sanitario. Infatti, pur essendo a
    disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili,
    tuttavia, in tal caso, i medici possono gestire il loro tempo in modo più libero e
    dedicarsi ai propri interessi sicché solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di
    servizi di pronto soccorso dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della
    direttiva 93/104.
    52.
    Dopo aver rilevato, al punto 51 della citata sentenza Simap, che le ore di lavoro
    straordinario rientrano nella nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva
    93/104, la Corte ha concluso, al punto 52 della medesima sentenza, che il periodo
    di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo
    il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente
    considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro
    straordinario ai sensi della detta direttiva, mentre, per quanto concerne il servizio di
    guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in
    permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto
    soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro (v, nello stesso
    senso, ordinanza 3 luglio 2001, causa C-241/99, CIG, Racc. pag. I-5139, punti 33 e
    34).
    53.
    La Legge News
    Orbene, è giocoforza constatare, da un lato, che è pacifico che un medico che
    svolge funzioni come quelle contestate nella causa principale effettua il suo periodo
    di guardia secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario.
    54.
    Dall'altro, né il contesto né la natura delle attività di un medico del genere
    comportano differenze di rilievo rispetto a quelle di cui trattavasi nella causa che ha
    dato luogo alla citata sentenza Simap tali da rimettere in discussione
    l'interpretazione fornita in tale sentenza dalla Corte in merito alla direttiva 93/104.
    55.
    Al riguardo, non si può validamente differenziare tali attività affermando che, nella
    causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, i medici di un'unità di pronto
    soccorso sarebbero soggetti a un orario lavorativo ininterrotto che può prolungarsi
    fino a 31 ore senza riposo notturno, mentre, per quanto concerne il servizio di
    guardia come quello di cui trattasi nella causa principale, la normativa nazionale
    pertinente garantirebbe che i periodi in cui l'interessato è chiamato a svolgere un
    compito professionale non superino il 49% di tutto il periodo di guardia, di modo
    che egli potrebbe restare inattivo per più della metà di detto periodo.
    56.
    Infatti, come rilevato dall'avvocato generale nella nota n. 3 delle sue conclusioni,
    dalla normativa spagnola contestata nella causa che ha dato luogo alla citata
    sentenza Simap non deriva, per i medici che garantiscono un servizio di guardia
    presso l'ospedale, l'obbligo di restare vigili e attivi mentre sono in servizio. La
    stessa conclusione si può trarre dai paragrafi 15, 31 e 33 delle conclusioni
    dell'avvocato generale presentate nella detta causa.
    57.
    Inoltre, se la percentuale del 49% prevista dalla normativa nazionale in esame nella
    causa principale si riferisce alla media, calcolata su un certo periodo, del tempo
    legato all'effettiva prestazione di servizi durante il periodo di guardia, nondimeno,
    in tale periodo, un medico può essere chiamato a prestare la propria opera ogni
    qualvolta sia necessario e per tutto il tempo necessario, senza che la detta
    normativa preveda un qualsiasi limite al riguardo.
    58.
    Comunque, le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della
    direttiva 93/104 non devono essere interpretate in funzione delle prescrizioni delle
    varie normative degli Stati membri, ma sono nozioni di diritto comunitario che
    occorre definire secondo criteri oggettivi, facendo riferimento al sistema e alla
    finalità della detta direttiva, come ha fatto la Corte ai punti 48 e 50 della citata
    sentenza Simap. Soltanto una siffatta interpretazione autonoma può assicurare la
    piena efficacia di tale direttiva nonché l'applicazione uniforme delle dette nozioni
    in tutti gli Stati membri.
    59.
    La Legge News
    Pertanto, il fatto che la definizione della nozione di orario di lavoro si riferisca alle
    «normative e/o prassi nazionali» non significa che gli Stati membri possano
    definire unilateralmente la portata di tale nozione. Inoltre tali Stati non possono
    subordinare a qualsivoglia condizione il diritto dei lavoratori a che i periodi di
    lavoro, e, correlativamente, quelli di riposo, siano tenuti in debito conto, poiché un
    diritto del genere deriva direttamente dalle disposizioni di tale direttiva. Qualsiasi
    altra interpretazione vanificherebbe lo scopo della direttiva 93/104 che è quello di
    armonizzare la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori mediante
    prescrizioni minime (v. sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno
    Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punti 45 e 75).
    60.
    Il fatto che, nella citata sentenza Simap, la Corte non si sia pronunciata
    esplicitamente in merito alla possibilità, per i medici che svolgono un servizio di
    guardia secondo il regime della presenza fisica in ospedale, di riposarsi, e anche di
    dormire, durante i periodi in cui non si richiede la loro opera, è irrilevante al
    riguardo.
    61.
    Siffatti periodi di inattività professionale ineriscono infatti al servizio di guardia
    effettuato dai medici secondo il regime della presenza fisica in ospedale, dato che,
    a differenza del normale orario lavorativo, la necessità di interventi urgenti dipende
    dalle circostanze e non può essere preventivamente programmata.
    62.
    Inoltre, all'ultima frase del punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte si è
    espressamente riferita a tale caratteristica, da cui risulta necessariamente che essa
    sia partita dall'ipotesi che i medici di guardia presenti in ospedale non esercitano,
    effettivamente e ininterrottamente, le loro attività professionali per tutto il periodo
    di guardia.
    63.
    Secondo la Corte, il fattore determinante per ritenere che gli elementi caratteristici
    della nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 93/104, sono presenti nei
    periodi di servizio di guardia che i medici effettuano nell'ospedale stesso è il fatto
    che essi sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di
    lavoro e a tenervisi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente
    la loro opera in caso di necessità. Infatti, come emerge dal punto 48 della citata
    sentenza Simap, occorre considerare che tali obblighi, che rendono impossibile ai
    medici interessati di scegliere il luogo in cui stare durante le attese, rientrano
    nell'esercizio delle loro funzioni.
    64.
    Tale conclusione non muta per il solo fatto che il datore di lavoro mette a
    disposizione del medico una stanza di riposo in cui può stare quando non è
    richiesto il suo intervento professionale.
    65.
    La Legge News
    Va aggiunto che, come statuito dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Simap,
    rispetto a un medico in regime di reperibilità, regime che presuppone soltanto che
    questi possa essere costantemente raggiunto senza tuttavia imporre la sua presenza
    fisica nel centro sanitario, un medico obbligato a tenersi a disposizione del datore
    di lavoro sul luogo da esso indicato, per tutta la durata del servizio di guardia, è
    soggetto ad obblighi decisamente più onerosi, perché deve restare lontano dal suo
    ambiente familiare e sociale e beneficia di una minore libertà di gestire il tempo in
    cui non è richiesta la sua attività professionale. In tale contesto, un lavoratore a
    disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro non può essere considerato in
    riposo nei periodi del suo servizio di guardia durante i quali non presta
    effettivamente la sua attività professionale.
    66.
    Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione dalle obiezioni relative
    alle conseguenze di ordine economico e organizzativo che, secondo i cinque Stati
    membri che hanno presentato osservazioni ai sensi dell'art. 20 dello statuto CE
    della Corte di giustizia, deriverebbero dall'estendere a una fattispecie quale quella
    della causa principale la soluzione adottata nella citata sentenza Simap.
    67.
    Peraltro, emerge dal quinto considerando della direttiva 93/104 che «il
    miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il
    lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di
    carattere puramente economico»
    68.
    Da tutto quanto precede risulta che la conclusione cui è giunta la Corte nella citata
    sentenza Simap, secondo la quale il periodo di servizio di guardia che svolgono i
    medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel
    centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di
    lavoro ai sensi della direttiva 93/104, indipendentemente dalle prestazioni
    lavorative realmente effettuate dagli interessati, deve applicarsi anche ai servizi di
    guardia effettuati, secondo il medesimo regime, da un medico come il sig. Jaeger
    nell'ospedale in cui lavora.
    69.
    Ciò premesso, la direttiva 93/104 osta a una normativa nazionale quale quella
    contestata nella causa principale, in forza della quale sono considerati come
    rientranti nei periodi di riposo i periodi di servizio di guardia durante i quali il
    medico non è effettivamente chiamato a svolgere un compito professionale e può
    riposarsi, ma deve essere presente e restare a disposizione sul luogo indicato dal
    datore di lavoro per prestare la propria opera in caso di necessità o quando gli è
    richiesto di intervenire.
    70.
    Tale interpretazione infatti è l'unica conforme all'obiettivo della direttiva 93/104 di
    garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo
    loro beneficiare effettivamente di periodi minimi di riposo. Una siffatta
    La Legge News
    interpretazione s'impone a maggior ragione in quanto si tratta si medici che
    garantiscono un servizio di guardia nei centri sanitari, dato che i periodi durante i
    quali la loro opera non è richiesta per far fronte ad urgenze possono, secondo i casi,
    essere brevi e/o soggetti a frequenti interruzioni mentre, peraltro, non si può
    escludere che gli interessati siano chiamati a intervenire, oltre che per le urgenze,
    per seguire lo stato dei pazienti posti sotto la loro sorveglianza o per svolgere
    compiti amministrativi.
    71.
    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la
    prima e la seconda questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel
    senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge
    secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come
    interamente rientrante nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche
    qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi
    in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa
    di uno Stato membro che qualifica come periodi di riposo i periodi di inattività del
    lavoratore durante un tale servizio di guardia.
    Sulla terza e quarta questione
    72.
    Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il
    giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 93/104 debba essere interpretata
    nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, per quanto
    riguarda il servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in
    ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante un contratto
    collettivo o un accordo aziendale basato su un tale contratto, una riduzione del
    periodo di riposo giornaliero di 11 ore tramite compensazione «successiva dei
    periodi di lavoro effettuati durante la guardia».
    73.
    Risulta dal contesto in cui la terza e la quarta questione sono state sollevate che il
    giudice del rinvio si chiede se le prescrizioni degli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo
    comma, dell'ArbZG, siano compatibili con la direttiva 93/104.
    74.
    A questo proposito risulta innanzitutto che norme nazionali come quelle esaminate
    dal giudice del rinvio distinguono a seconda che al lavoratore sia chiesto o meno di
    svolgere realmente prestazioni lavorative durante il servizio di guardia, poiché
    soltanto gli effettivi periodi di attività svolti durante tale servizio sono oggetto di
    compensazione, mentre i periodi di guardia in cui il lavoratore non è attivo sono
    considerati come rientranti nei periodi di riposo.
    75.
    Orbene, come emerge dalla risposta alle prime due questioni, servizi di guardia
    svolti da un medico nell'ospedale in cui lavora devono essere considerati
    integralmente periodi lavorativi, a prescindere dal fatto che, durante tale guardia, il
    La Legge News
    lavoratore non svolga permanentemente attività effettive. Di conseguenza, la
    direttiva 93/104 osta a una normativa di uno Stato membro che assimila a periodo
    di riposo, ai sensi di tale direttiva, i periodi di inattività del lavoratore durante il
    servizio di guardia effettuato presso il centro sanitario e, pertanto, che preveda la
    compensazione soltanto dei periodi in cui l'interessato ha effettivamente svolto
    un'attività professionale.
    76.
    Per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre altresì precisare le
    prescrizioni della direttiva 93/104 per quanto riguarda il periodo di riposo nonché
    esaminare in particolare se, ed eventualmente in quale misura, norme nazionali
    come gli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG possano rientrare fra le
    possibilità di deroga previste da tale direttiva.
    77.
    Ciò premesso, l'art. 3 della medesima sancisce il diritto di qualsiasi lavoratore di
    beneficiare, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di
    11 ore consecutive.
    78.
    Quanto all'art. 6 della detta direttiva, esso obbliga gli Stati membri a prendere le
    misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della
    sicurezza e della salute dei lavoratori, la durata media dell'orario di lavoro per ogni
    periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
    79.
    Orbene, risulta dalla formulazione stessa delle due disposizioni summenzionate che
    in via di principio non è con esse compatibile una normativa nazionale, come
    quella di cui trattasi nella causa principale, la quale autorizza periodi di lavoro che
    possono durare circa 30 ore consecutive, quando un periodo d guardia precede o
    segue direttamente un servizio normale, ovvero più di 50 ore settimanali, compresi
    i servizi di guardia. La situazione sarebbe diversa soltanto se la detta normativa
    rientrasse fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.
    80.
    A questo proposito emerge dal sistema attuato da tale direttiva che, sebbene l'art. 5
    della medesima consenta in via generale di applicare od introdurre disposizioni
    nazionali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori,
    per contro la detta direttiva precisa, all'art. 17, che soltanto alcune delle sue
    disposizioni, tassativamente elencate, possono essere oggetto di deroghe previste
    dagli Stati membri o dalle parti sociali.
    81.
    Orbene, in primo luogo, è significativo che l'art. 2 della direttiva 93/104 non figuri
    fra le disposizioni cui essa consente espressamente di derogare.
    82.
    La Legge News
    Tale circostanza corrobora la constatazione, di cui ai punti 58 e 59 della presente
    sentenza, secondo la quale le definizioni contenute al detto art. 2 non possono
    essere liberamente interpretate dagli Stati membri.
    83.
    In secondo luogo, l'art. 6 della direttiva 93/104 è menzionato solo all'art. 17, n. 1,
    della medesima, mentre è evidente che quest'ultima disposizione concerne attività
    che non hanno alcun rapporto con quelle svolte da un medico durante servizi di
    guardia effettuati secondo il regime della presenza fisica in ospedale.
    84.
    E' vero che l'art. 18, n. 1, lett. b), i), della direttiva 93/104 prevede che gli Stati
    membri hanno la facoltà di non applicare il detto articolo 6, purché rispettino i
    principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori e a
    condizione di soddisfare un certo numero di requisiti cumulativi elencati nella detta
    disposizione.
    85.
    Tuttavia, come esplicitamente confermato dal governo tedesco all'udienza, è
    pacifico che la Repubblica federale di Germania non ha utilizzato tale possibilità di
    deroga.
    86.
    In terzo luogo. l'art. 3 della direttiva 93/104 è, per contro, menzionato in più
    paragrafi dell'art. 17 di quest'ultima e, in particolare, al n. 2, punto 2.1, disposizione
    pertinente nella causa principale, dato che esso riguarda, alle lett. c), i), «le attività
    caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio (...), in
    particolare, quando si tratta (...) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o
    alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi (...)».
    87.
    Le peculiarità proprie dell'organizzazione delle unità di servizio di guardia presso
    gli ospedali o stabilimenti analoghi sono pertanto riconosciute dalle direttiva
    93/104, in quanto essa prevede, all'art. 17, talune possibilità di deroga che le
    riguardano.
    88.
    Così la Corte ha ritenuto, al punto 45 della citata sentenza Simap, che l'attività dei
    medici delle unità di pronto soccorso può rientrare fra le deroghe previste da detto
    articolo, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni ivi elencate (v. ordinanza
    CIG, cit., punto 31).
    89.
    Occorre osservare a tale proposito che, in quanto eccezioni al sistema comunitario
    in materia di organizzazione dell'orario di lavoro attuato dalla direttiva 93/104, le
    deroghe previste all'art. 17 di quest'ultima devono essere interpretate in modo che
    La Legge News
    la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi
    che tali deroghe permettono di proteggere.
    90.
    Inoltre, ai termini stessi dell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104, l'applicazione di
    una deroga del genere, in particolare per quanto riguarda la durata del riposo
    giornaliero previsto all'art. 3 di tale direttiva, è espressamente subordinata alla
    condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo
    compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti
    di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai
    detti lavoratori sia accordata una protezione appropriata. A norma del n. 3 del detto
    art. 17, le stesse condizioni si applicano in caso di deroga al detto art. 3 mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o
    regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante
    contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.
    91.
    Orbene, da un lato, come già rilevato al punto 81 della presente sentenza, l'art. 17
    della direttiva 93/104 non consente di derogare alle definizioni delle nozioni di
    «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» di cui all'art. 2 di tale direttiva,
    calcolando come riposo i periodi di inattività di un medico che è tenuto ad
    effettuare il proprio servizio di guardia presso l'ospedale, mentre periodi del genere
    vanno considerati facenti interamente parte dell'orario di lavoro ai sensi della detta
    direttiva.
    92.
    Dall'altro, occorre ricordare che la direttiva 93/104 ha lo scopo di proteggere in
    modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tenuto conto di tale obiettivo
    sostanziale, ogni lavoratore deve in particolare beneficiare di periodi di riposo
    adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di
    recuperare la fatica dovuta al lavoro, devono anche rivestire un carattere preventivo
    tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute
    dei lavoratori che l'accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può
    rappresentare.
    93.
    A tale proposito, risulta dal punto 15 della citata sentenza Regno Unito/Consiglio
    che le nozioni di «sicurezza» e «salute» ai sensi dell'art. 118 A del Trattato, su cui
    si fonda la direttiva 93/104, devono ottenere un'interpretazione ampia come
    riguardanti tutti i fattori, fisici e di altra natura, in grado di incidere sulla salute e
    sulla sicurezza del lavoratore nel suo ambiente di lavoro e, in particolare, taluni
    aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Allo stesso punto della detta
    sentenza, la Corte ha dichiarato, inoltre, che una siffatta interpretazione è
    avvalorata dal preambolo della costituzione dell'Organizzazione mondiale della
    Sanità, alla quale appartengono tutti gli Stati membri, che definisce la salute come
    uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non come uno stato che
    consiste nella sola assenza di malattie o infermità.
    94.
    La Legge News
    Risulta da quanto precede che «equivalenti periodi di riposo compensativo» ai
    sensi dell'art. 17, nn. 2 e 3, della direttiva 93/104, per poter essere conformi sia a
    tali definizioni sia all'obiettivo di tale direttiva come precisato al punto 92 della
    presente sentenza, devono caratterizzarsi per il fatto che il lavoratore, durante tali
    periodi, non è soggetto, nei confronti del suo datore di lavoro, ad alcun obbligo che
    gli possa impedire di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri
    interessi al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla sicurezza e la salute
    dell'interessato. Inoltre periodi di riposo del genere devono essere immediatamente
    successivi all'orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno
    stato di fatica o di sovraccarico del lavoratore dovuti all'accumulo di periodi di
    lavoro consecutivi.
    95.
    Per poter garantire un'efficace tutela della sicurezza e della salute del lavoratore
    deve pertanto essere prevista, di regola, un'alternanza di un periodo di lavoro e di
    un periodo di riposo. Infatti, per potersi effettivamente riposare, il lavoratore deve
    beneficiare della possibilità di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un certo
    numero di ore che non solo devono essere consecutive ma anche venire subito dopo
    un periodo di lavoro, per consentire all'interessato di rilassarsi e di smaltire la fatica
    connessa all'esercizio delle proprie funzioni. Tale esigenza risulta ancor più
    necessaria quando, in deroga alla regola generale, l'orario di lavoro normale
    giornaliero è prolungato dallo svolgimento di un servizio di guardia.
    96.
    Per contro, una serie di periodi di lavoro svolti senza che, fra di essi, sia intercalato
    il tempo di riposo necessario può, eventualmente, provocare un danno al lavoratore
    o quantomeno rischia di oltrepassare le capacità fisiche di quest'ultimo, mettendo
    così in pericolo la sua salute e la sua sicurezza, per cui un periodo di riposo
    concesso dopo detti periodi non è in grado di garantire correttamente la protezione
    degli interessi in questione. Come constatato al punto 70 della presente sentenza,
    tale rischio è ancor più reale quando si tratta del servizio di guardia svolto da un
    medico presso un centro sanitario, a fortiori quando un servizio del genere si
    aggiunge all'orario di lavoro normale.
    97.
    Ciò premesso, l'orario di lavoro giornaliero che, a norma dell'art. 17 della direttiva
    93/104, gli Stati membri o le parti sociali possono prevedere di aumentare,
    riducendo la durata del riposo concesso al lavoratore nel corso di una data giornata
    di lavoro, in particolare nei servizi presso gli ospedali e gli stabilimenti analoghi, in
    linea di principio dev'essere compensato dalla concessione di analoghi periodi di
    riposo compensativo, costituiti da un numero di ore consecutive corrispondenti alla
    riduzione praticata e di cui il lavoratore deve beneficiare prima di cominciare il
    periodo lavorativo seguente. Come regola generale, il fatto di concedere periodi di
    riposo del genere solo «successivamente», senza più una diretta connessione con il
    periodo di lavoro prolungato dallo svolgimento di ore straordinarie, non tiene
    adeguatamente in considerazione la necessità di rispettare i principi generali di
    tutela di sicurezza e della salute dei lavoratori, i quali costituiscono il fondamento
    del sistema comunitario di organizzazione dell'orario di lavoro.
    La Legge News
    98.
    Infatti, solo in circostanze del tutto eccezionali l'art. 17 consente che al lavoratore
    possa essere concessa una «diversa protezione appropriata», quando la concessione
    di periodi equivalenti di riposo compensativo non è possibile per ragioni oggettive.
    99.
    Orbene, nel caso di specie, non si sostiene né si afferma affatto che una normativa
    come quella contestata nella causa principale può rientrare in uno di tali casi
    specifici.
    100.
    Per giunta, la riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive,
    autorizzata dalla direttiva 93/104 in talune circostanze e nel rispetto di varie
    condizioni, non può, in nessun caso, provocare il superamento della durata
    massima settimanale di lavoro, come fissata all'art. 6 della medesima direttiva,
    imponendo a un lavoratore di esercitare la sua attività per più di 48 ore in media,
    comprese le ore di straordinario, nel corso di ciascun periodo di sette giorni, anche
    se questo include servizi di guardia che comprendono periodi in cui il lavoratore,
    benché a disposizione sul luogo di lavoro, non svolge attività professionali
    effettive.
    101.
    Infatti, come rilevato al punto 83 della presente sentenza, l'art. 17 non consente di
    derogare all'art. 6 per attività come quelle in esame nella causa principale.
    102.
    Tenuto conto degli sviluppi che precedono, occorre concludere che disposizioni
    nazionali come quelle previste agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG
    non possono rientrare fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.
    103.
    Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la terza e la quarta questione
    dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che:
    - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno
    Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime
    della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente
    mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una
    compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il
    lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;
    - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto
    2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11
    ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma
    all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori
    interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo
    immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;
    La Legge News
    - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in
    nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro
    prevista all'art. 6 della detta direttiva.
    Sulle spese
    104.
    Le spese sostenute dai governi tedesco, danese, francese, dei Paesi Bassi e del
    Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla
    Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa
    principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al
    giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
    Per questi motivi,
    LA CORTE
    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesarbeitsgericht Schleswig-
    Holstein, con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo
    seguente, dichiara:
    1) La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni
    aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro va interpretata nel senso che
    un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il
    regime della presenza fisica in ospedale va considerato come rientrante
    interamente nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora
    all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in
    cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla
    normativa di uno Stato membro che qualifichi come periodi di riposo i periodi
    di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.
    2) La direttiva 93/104 va altresì interpretata nel senso che:
    - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di
    uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il
    regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire,
    eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un
    tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia
    durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;
    - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2,
    punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo
    giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di
    guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla
    condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di
    riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;
    - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in
    nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di
    lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.
    Rodríguez Iglesias
    Wathelet
    La Legge News
    Schintgen
    Timmermans
    Gulmann
    Edward
    Jann
    Skouris
    Macken
    Colneric
    von Bahr
    Cunha Rodrigues
    Rosas
    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2003.
    Il cancelliere
    Il presidente
    R. Grass
    G.C. Rodríguez Iglesias
    Lingua processuale: il tedesco.

    http://portal.lavoropa.it/system/files/Sen...ttembre2003.pdf
     
    .
3 replies since 27/10/2006, 23:55   415 views
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